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paziente fragile in Pronto Soccorso
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Coinvolgimento precoce dell’accompagnatore (caregiver) nella gestione del paziente fragile

Il paziente fragile in Pronto Soccorso spesso può trovarsi in difficoltà. La vita media della nostra popolazione aumenta e con essa la fragilità dei cittadini che sono sempre più spesso soli ed in difficoltà, nel caso di eventi acuti che necessitino di una valutazione in Pronto Soccorso. Il paziente fragile, che può essere una persona anziana, diversamente abile o un paziente con patologie croniche multiple, ha spesso una ridotta compliance al percorso diagnostico-terapeutico, soprattutto in caso di emergenza.

Capita che, al di fuori del loro ambiente domestico, i pazienti fragili si disorientino. Non capiscono cosa sta succedendo, diventano oppositivi e anche aggressivi. Talvolta vengono ricoverati non per necessità cliniche, ma per difficoltà di tipo assistenziale che potrebbero essere almeno in parte risolte con il supporto e la partecipazione di un caregiver affidabile durante tutta la permanenza in PS o reparto e al momento della dimissione.

Un nuovo progetto, attivato presso l’Ospedale Humanitas Mater Domini di Castellanza grazie ai fondi raccolti attraverso la campagna 5X1000, si propone di valutare quanto il coinvolgimento del caregiver possa migliorare la compliance del paziente fragile al percorso diagnostico-terapeutico in Pronto Soccorso e, al contempo, possa contribuire alla riduzione dei ricoveri inappropriati, nel rispetto dei bisogni e delle peculiarità delle singole persone.

In questo articolo raccontiamo perché ridurre i ricoveri inappropriati è importante, perché può esserlo ancora di più quando si parla di pazienti fragili e qual è la centralità dei caregiver in questo percorso.

Il progetto di Ricerca sui pazienti fragili

Il progetto di Ricerca di cui stiamo parlando, dal titolo “Coinvolgimento precoce dell’accompagnatore (caregiver) nella gestione del paziente fragile in Pronto Soccorso” è iniziato a febbraio del 2023 ed è ancora in corso.

Che cosa significa “ricoveri inappropriati”?

“I ricoveri inappropriati sono quei ricoveri ospedalieri che avvengono per problemi clinici che si potrebbero affrontare ad un livello di assistenza meno intensivo, con pari efficacia, minor rischio di effetti collaterali, complicanze e un più efficiente impiego delle risorse. Questa inappropriatezza si riferisce soprattutto al setting assistenziale e, quindi, alla sfera organizzativa, ma non significa però che il paziente venga curato in modo insufficiente o inadatto anche nel caso del cosiddetto ricovero “inappropriato”. Vuol dire che il paziente potrebbe preso in carico altrettanto bene, risparmiando risorse e abbassando i rischi di complicanze, effettuando una diagnosi accurata e stabilendo le corrette prescrizioni in dimissione, senza il ricorso al ricovero inappropriato”, afferma Simona Sancini, Direttrice Sanitaria di Humanitas Mater Domini.

L’appropriatezza è stata identificata come un’importante frontiera nello sviluppo della pratica clinica. Uno scenario in cui i medici agiscono, nel rispetto dei bisogni individuali dei pazienti, seguendo linee guida cliniche e clinico-organizzative che portano vantaggi certi in termini di esito clinico e di equità dell’assistenza prestata.

Perché ridurre i ricoveri inappropriati?

I Pronto Soccorso oggi sono sottoposti a un carico di pazienti in significativo aumento. Questo accade principalmente perché il sistema sanitario territoriale fa sempre più fatica a rispondere con efficacia e tempestività ai bisogni del cittadino. Le persone, di conseguenza, non sapendo talvolta a chi rivolgersi o non potendo fare altrimenti, cercano risorse diagnostiche e terapeutiche accedendo direttamente ai PS ospedalieri.

Dall’altra parte, si è assistito negli ultimi anni ad una contrazione del numero di posti letto per le patologie acute.

Da tutto ciò risulta evidente come sia importante ridurre quei ricoveri definiti “inappropriati”, soprattutto quando si tratta di pazienti “fragili”, ossia di coloro che sono più a rischio di vedere peggiorata la loro condizione quando sono tolti dal contesto abituale: andrebbero quindi ricoverati solo se la loro condizione clinica lo rende indispensabile.

Una strada efficace per ridurre questi ricoveri, come da focus del progetto di ricerca, può essere proprio quella di migliorare l’adesione al percorso diagnostico-terapeutico proposto in Pronto Soccorso e continuato al domicilio o in una struttura protetta, coinvolgendo il caregiver.

La condizione del paziente fragile in Pronto Soccorso

I pazienti fragili risultano spesso maggiormente penalizzati quando arrivano in Pronto Soccorso, perché il contesto estraneo può disorientare e possono far fatica a fornire informazioni utili all’adeguata raccolta di anamnesi ed esame obiettivo.

Una scarsa o insufficiente collaborazione da parte del paziente fragile, infatti, influisce:

  1. sull’indagine conoscitiva che riguarda i precedenti fisiologici e patologici
  2. sull’insieme di manovre diagnostiche e terapeutiche eseguite dal medico
  3. sulla corretta applicazione delle indicazioni fornite dai sanitari

«In Pronto Soccorso, ma non solo, è sicuramente fondamentale saper riconoscere una condizione di fragilità del paziente e coinvolgere precocemente il caregiver, La stretta collaborazione tra l’équipe medico-infermieristica ed il caregiver facilita il percorso di raccolta dell’anamnesi e l’accompagnamento del paziente fragile durante l’intero suo percorso diagnostico-terapeutico. Questo agevola anche l’organizzazione e la corretta applicazione delle indicazioni al momento dell’eventuale ricovero e/o dimissione. Limitare i ricoveri inappropriati, inoltre, è fondamentale per ridurre il rischio di contrarre possibili infezioni ospedaliere e di scompensare l’equilibrio psico-fisico del paziente garantito dal suo ambiente abituale. Il ricovero deve essere indicato solo nel caso di necessità clinica, ossia quando le cure o la terapia non possono essere fatte al domicilio o in altra struttura protetta a minor intensità assistenziale”, afferma Carlo Maino, Responsabile Pronto Soccorso di Humanitas Mater Domini.

Le fasi più importanti del progetto

“Siamo partiti da una stima del bisogno, quindi il numero di pazienti fragili che sono giunti negli scorsi anni presso il nostro Pronto Soccorso – spiega Fabrizio Faccincani, promotore del progetto –. Abbiamo poi ricercato in letteratura le indicazioni per la corretta definizione e individuazione del paziente fragile in Pronto Soccorso. Successivamente, sono stati predisposti gli strumenti per migliorare la sua identificazione e gestione e per garantire il precoce coinvolgimento del caregiver. Non da ultimaabbiamo organizzato la formazione di tutto il personale assistenziale coinvolto. Infine, abbiamo definito uno strumento di sondaggio per il caregiver per valutare la risposta del progetto alle necessità e aspettative di gestione del paziente fragile.

Tra gli obiettivi della ricerca c’è la predisposizione di azioni concrete per migliorare il coinvolgimento dei caregiver, ma anche l’identificazione e il riconoscimento di indicatori di performance da monitorare, compresa la “customer satisfaction” del caregiver stessi.

Le aree oggetto dell’indagine rivolta ai caregiver sono:

  • valutazione dell’effettivo coinvolgimento
  • valutazione del modello di presa in carico e dimissione proposto
  • valutazione del gradimento verso l’iniziativa

Il coinvolgimento di CittadinanzAttiva

Nel progetto è coinvolta anche l’Associazione CittadinanzaAttiva, realtà impegnata nella promozione dell’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni e il sostegno alle persone in condizioni di debolezza. Il suo ruolo in questo progetto garantisce importanti requisiti metodologici (grazie al confronto con esperienze precedenti), e di trasferibilità. Nel prossimo futuro c’è l’idea di coinvolgere altri Pronto Soccorso, interni o esterni rispetto agli ospedali del Gruppo Humanitas, e ampliare lo studio ad altri contesti diversi dal Pronto Soccorso.

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