Ritratto di scienza, parliamo di ritmi circadiani con Carolina Greco
I ritmi circadiani regolano la nostra salute. Anche se le nostre vite, grazie alla tecnologia, si sono affrancate dalla dipendenza dalla luce solare, e possiamo lavorare, studiare, viaggiare, mangiare eccetera a qualunque ora del giorno o della notte, le funzioni fisiologiche dell’organismo sono e restano sincronizzate con la luce naturale, attraverso una serie di orologi molecolari.
Abbiamo chiesto a Carolina Greco, junior group leader presso Humanitas Research Hospital, dove dirige il laboratorio sul Metabolismo Circadiano, in che modo vivere fuori sincrono può impattare negativamente sulla salute, e perché ha scelto di incentrare la sua carriera sulla ricerca in questo campo.
Carolina, in che modo i ritmi circadiani influenzano la salute?
Molte funzioni fisiologiche, dalla riparazione delle ferite al consolidamento della memoria, sono letteralmente sincronizzate con la luce solare. Coloro che, ad esempio, non possono vivere seguendo i ritmi circadiani perché fanno un lavoro su turni, possono incorrere in problemi di diversa natura come disturbi dell’umore e obesità. In generale, vivere un disallineamento rispetto al ritmo circadiano espone ad un aumentato rischio di sviluppare malattie come patologie cardiovascolari e cancro, ma non solo.
Il nostro orologio molecolare genera un ritmo di 24 ore, che influenza tantissime funzioni biologiche persino a livello molto fine, come l’espressione dei geni, il metabolismo delle singole cellule e dei tessuti e i livelli delle proteine. Noi ce ne accorgiamo, in un certo senso, quando ci sentiamo affamati, stanchi, oppure pieni di energie. Ma se questo orologio, anzi se i nostri orologi, che, come vedremo, sono moltissimi, iniziano a non funzionare correttamente, gli effetti possono essere anche molto seri.
Qual è stato il tuo percorso di formazione?
Ho conseguito un dottorato in medicina traslazionale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca sotto la supervisione del professor Gianluigi Condorelli, con il quale ancora oggi collaboro qui in Humanitas. Obiettivo del dottorato è stato quello di studiare in che modo i meccanismi epigenetici sono in grado di influenzare la funzionalità dei cardiomiociti, in condizioni fisiologiche e patologiche.
L’epigenetica analizza come quei fattori, tra cui l’età, l’ambiente e le abitudini (dieta, sonno, attività fisica…) possono modificare l’espressione dei geni, anche se la sequenza del DNA resta la stessa. Nel corso del dottorato mi sono concentrata su come e quanto questi fattori possano influenzare il comportamento dei cardiomiociti, le cellule che compongono il tessuto muscolare del cuore.
Proprio grazie a questo percorso mi sono interessata al tema del metabolismo e della regolazione metabolica delle cellule. Così, una volta conseguito il dottorato, ho deciso di trasferirmi a fare ricerca negli USA, presso il Centro per l’Epigenetica e il Metabolismo dell’Università della California Irvine, dove ho lavorato nel laboratorio di Paolo Sassone-Corsi, specializzandomi sul tema dei ritmi circadiani.
Nel 2021 sono rientrata in Italia, grazie a una Marie-Curie Fellowship, e oggi sono ricercatrice e assistant professor in Humanitas University. Nel laboratorio che dirigo presso IRCCS Istituto Clinico Humanitas studio, assieme al mio team, gli orologi molecolari che dettano il tempo alle cellule del nostro organismo.
Cosa ti ha spinto a scegliere di fare Ricerca sui ritmi circadiani?
Prima di tutto il fatto che possano avere un impatto tanto importante sulla nostra salute. E sicuramente mi ha molto affascinato la scoperta che ogni cellula possiede il suo orologio molecolare, contrariamente a quello che si pensava in passato, quando la comunità scientifica era convinta che l’orologio fosse principalmente uno, collocato nel nostro cervello.
Certo il pacemaker circadiano esiste e ha una forte influenza sui ritmi sonno-veglia, ma nel nostro corpo ogni cellula possiede un suo orologio interno, e tutti questi orologi hanno un ruolo fondamentale per il corretto funzionamento del metabolismo e delle funzioni fisiologiche dei tessuti e degli organi del corpo.
Nel progetto che ho condotto per la Marie-Curie Fellowship, mi sono occupata in particolare di esaminare un percorso metabolico legato alla metionina, un amminoacido essenziale che ha molte funzioni importanti, compresa la regolazione del nostro orologio biologico. Sono arrivata alla conclusione che l’interazione di questa proteina con un altro enzima metabolico genera ritmi circadiani di 24 ore. L’inibizione dell’enzima interrompe, di fatto, il ritmo circadiano.
Queste scoperte e le ricerche che facciamo nel Laboratorio sul Metabolismo Circadiano sono importanti perché un giorno potrebbero aiutarci ad affrontare diverse condizioni patologiche legate al metabolismo, comprese le malattie cardiovascolari e il diabete. Questa per me è una motivazione molto grande.
Come sono coordinati tutti i diversi orologi biologici?
Gli orologi sono sincronizzati rispetto alle 24 ore e inoltre sono sincronizzati tra loro. Ogni tessuto però è indipendente dagli altri nei suoi ritmi circadiani. Questo cosa significa?
Gli orologi delle cellule lavorano in modo sincrono, ma alcuni eventi possono interrompere questa armonia. Un turnista che lavora e mangia di notte potrebbe trovarsi ad affrontare problemi di metabolismo. Il suo orologio principale, il pacemaker circadiano, è sincronizzato comunque con la luce solare, mentre l’orologio periferico del suo apparato digerente è sincronizzato con le ore di buio, perché è in quel momento che mangia. Ciò può portare a malattie e disordini metabolici.
Altra cosa molto interessante da sottolineare, è che i nostri orologi circadiani sono autonomi, ovvero anche se vengono influenzati da elementi e stimoli sia interni sia esterni possono comunque funzionare correttamente. Questo significa che, se anche vivessimo al buio, in una grotta, senza alcuno stimolo esterno, continueremo a dormire, svegliarci, provare appetito eccetera, circa alla stessa ora, all’interno di un ciclo di 24 ore.
Questa autonomia, però, non significa che gli stimoli non abbiamo alcuna influenza, anzi. Se gli stimoli ci sono, possono addirittura de-sincronizzare gli orologi di un tessuto piuttosto che di un altro. Il cibo, nell’esempio che abbiamo fatto prima, può portare a una mancata sincronizzazione, così come pure diversi stimoli interni. Il principale Zeitgeber, o regolatore degli orologi molecolari, resta sempre la luce, che sincronizza l’orologio nel cervello, il quale ha un’influenza su tutti gli altri mediante il rilascio di ormoni e sostanze attive a livello endocrino.
Capire come funziona questo complesso network di orologi è molto importante. Tra i nostri obiettivi c’è quello di conoscere quanto ciascun tessuto, con i suoi ritmi circadiani, sia dipendente o meno dagli altri.
Cosa succede a livello molecolare quando la sincronizzazione risulta alterata?
L’attivazione o meno dei geni dipende da meccanismi specifici che agiscono come una serie di interruttori. Si parla di meccanismi trascrizionali e traslazionali, perché condizionano in prima battuta quello che fanno i nostri geni e poi tutta una serie di reazioni a cascata che, ad esempio, possono determinare un maggiore o un minore accumulo di tessuto grasso piuttosto che una contrazione del muscolo cardiaco non ottimale.
Conoscere bene i ritmi circadiani può aiutarci sia a comprendere come trattare una patologia in modo più efficace, trovando nuovi approcci, sia ad esempio a capire qual è il momento migliore per somministrare un farmaco, perché il tessuto sarà più ricettivo in virtù del suo orologio molecolare.
Grazie alla Ricerca sugli orologi molecolari abbiamo la possibilità di generare nuove conoscenze, indispensabili per migliorare i percorsi di cura e prevenzione. Donare per la Ricerca, quindi, è fondamentale per consentirci di rendere possibile questo ciclo virtuoso e costruire un futuro di Salute.