Paziente fragile in Pronto Soccorso, l’importanza del Caregiver
Il paziente fragile in Pronto Soccorso può trovarsi in difficoltà. La vita media della nostra popolazione aumenta e con essa la fragilità dei cittadini, che sono sempre più spesso soli ed in difficoltà nel caso di eventi acuti che necessitino di una valutazione in Pronto Soccorso. Il paziente fragile, che può essere una persona anziana, diversamente abile o un paziente con patologie croniche multiple, ha spesso una ridotta compliance al percorso diagnostico-terapeutico, soprattutto quando c’è un’emergenza.
Capita che, al di fuori del loro ambiente domestico, i pazienti fragili si disorientino. Non capiscono cosa sta succedendo, diventano oppositivi e anche aggressivi. Talvolta vengono ricoverati non per necessità cliniche ma per difficoltà di tipo assistenziale che potrebbero essere almeno in parte risolte garantendo la partecipazione di un caregiver affidabile, sia durante tutta la permanenza in PS, sia nel momento di uscita.
Un nuovo progetto, attivato presso l’Ospedale Humanitas Mater Domini di Castellanza grazie ai fondi raccolti attraverso la campagna 5X1000, si propone di valutare quanto il coinvolgimento del caregiver possa migliorare la compliance del paziente fragile al percorso diagnostico-terapeutico in Pronto Soccorso e al contempo possa contribuire alla riduzione dei ricoveri inappropriati dei pazienti fragili, nel rispetto dei bisogni e delle peculiarità delle singole persone.
In questo articolo raccontiamo perché ridurre i ricoveri inappropriati è importante, perché può esserlo ancora di più quando si parla di pazienti fragili e qual è la centralità dei caregiver in questo percorso.
Il progetto di Ricerca sui pazienti fragili
Il progetto di Ricerca di cui stiamo parlando, dal titolo “Coinvolgimento precoce dell’accompagnatore (caregiver) nella gestione del paziente fragile in Pronto Soccorso” è iniziato a febbraio del 2023 ed è ancora in corso nel momento in cui scriviamo.
Abbiamo coinvolto il suo responsabile scientifico Roberto Faccincani (Responsabile Unità Operativa Pronto Soccorso in Mater Domini) per spiegare meglio quali sono gli obiettivi del progetto di Ricerca e come si svolgerà. Prima, però, per comprenderne meglio il valore, chiariamo il significato di alcune definizioni.
Che cosa significa “ricoveri inappropriati”?
I ricoveri inappropriati sono tutti quei ricoveri ospedalieri effettuati per problemi clinici che si potrebbero affrontare ad un livello di assistenza meno intensivo, con pari efficacia, minor rischio di effetti collaterali e complicanze, e anche un più efficiente impiego delle risorse, anche (ma non solo) economiche.
Questa inappropriatezza si riferisce soprattutto alla sfera organizzativa. Non significa affatto che il paziente venga curato in modo insufficiente o inadatto nel momento in cui avviene un ricovero cosiddetto inappropriato.
Vuol dire che il paziente potrebbe essere trattato altrettanto bene, risparmiando risorse e abbassando i rischi di complicanze, effettuando una diagnosi accurata e stabilendo le corrette prescrizioni in dimissione dai servizi del Pronto Soccorso.
L’appropriatezza è stata identificata come un’importante frontiera nello sviluppo della pratica clinica. Uno scenario in cui i medici agiscono, nel rispetto dei bisogni individuali dei pazienti, seguendo linee guida cliniche e clinico-organizzative che portano vantaggi certi in termini di esito clinico e di equità dell’assistenza prestata.
Perché ridurre i ricoveri inappropriati
I Pronto Soccorso oggi sono sottoposti a un carico di pazienti in significativo aumento. Questo accade principalmente perché il sistema sanitario territoriale fa sempre più fatica a rispondere con efficacia e tempismo ai bisogni del cittadino. Le persone, di conseguenza, non sapendo talvolta a chi rivolgersi o non potendo fare altrimenti, cercano risorse diagnostiche e terapeutiche accedendo direttamente ai PS ospedalieri.
Dall’altra parte, si è assistito negli ultimi anni ad una contrazione del numero di posti letto per le patologie acute.
Da tutto ciò risulta evidente come sia importante ridurre quei ricoveri definiti “inappropriati”, soprattutto quando si tratta di pazienti “fragili” quelli più a rischio di vedere peggiorata la loro condizione quando tolti dal contesto abituale: andrebbero quindi ricoverati solo se la loro condizione clinica lo rende indispensabile.
Una strada efficace per ridurre questi ricoveri, come da focus del progetto di ricerca, può essere proprio quella di migliorare l’adesione al percorso diagnostico-terapeutico in Pronto Soccorso, coinvolgendo il caregiver.
La condizione del paziente fragile in Pronto Soccorso
I pazienti fragili risultano spesso maggiormente penalizzati quando arrivano in Pronto soccorso, perché il contesto estraneo può disorientare e possono far fatica a fornire informazioni utili all’adeguata raccolta di anamnesi ed esame obiettivo.
Una scarsa o insufficiente collaborazione da parte del paziente fragile, infatti, influisce:
- sull’indagine conoscitiva che riguarda i precedenti fisiologici e patologici;
- sull’insieme di manovre diagnostiche effettuate dal medico per verificare la presenza o assenza di determinati sintomi obiettivi.
«Il corretto riconoscimento della condizione di fragilità ed il precoce coinvolgimento di un caregiver affidabile – spiega Roberto Faccincani – è estremamente importante per la gestione del paziente fragile in Pronto Soccorso. L’alleanza tra l’equipe medico-infermieristica ed il caregiver risulta fondamentale sia per la raccolta dell’anamnesi sia per l’accompagnamento del paziente fragile durante il percorso diagnostico-terapeutico, sia (infine) all’atto del provvedimento finale di ricovero e/o dimissione, così da evitare un ricovero inappropriato che sarebbe deleterio per il paziente, comportando il rischio di contrarre malattie ospedaliere e di scompensare l’equilibrio psico-fisico, talora molto labile, garantito dall’ambiente e dalle abitudini usuali. Il ricovero andrebbe riservato ai soli casi di necessità clinica, cioè quando il paziente ha bisogno di una terapia che non può fare al domicilio.».
Le fasi più importanti del progetto
«Siamo partiti con una stima del bisogno, cioè del numero dei pazienti fragili afferiti alla nostra struttura negli anni scorsi – sottolinea Faccincani –. Il passo successivo è stato la ricerca in letteratura di indicazioni per la corretta definizione ed identificazione del paziente fragile in Pronto Soccorso. Abbiamo quindi predisposto una serie di strumenti per il miglioramento della gestione del percorso diagnostico-terapeutico di questa categoria di pazienti e per il precoce coinvolgimento del caregiver, e formato il personale al loro utilizzo. È stato anche messo a punto uno strumento di sondaggio per il caregiver del paziente fragile, con l’obiettivo di valutare le necessità e le aspettative relative alla gestione dell’assistito».
Le aree oggetto dell’indagine rivolta ai caregiver sono:
- Identificazione dello strumento ottimale per il precoce coinvolgimento;
- proposta di un modello di presa in carico e dimissione dedicato;
- valutazione del gradimento dei caregiver verso l’iniziativa.
Tra gli obiettivi della ricerca c’è la predisposizione di azioni concrete per migliorare il coinvolgimento dei caregiver ma anche l’identificazione e il riconoscimento di indicatori di performance da monitorare, compresa la “customer satisfaction” del caregiver stessi.
Il coinvolgimento di CittadinanzAttiva
Nel progetto è coinvolta anche l’Associazione CittadinanzaAttiva, realtà impegnata nella promozione dell’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni e il sostegno alle persone in condizioni di debolezza.
Il suo ruolo in questo progetto garantisce importanti requisiti metodologici (grazie al confronto con esperienze precedenti), contenutistici (il rispetto della privacy e di background socio-culturali ed etico-morali differenti) e di trasferibilità.
Nel prossimo futuro c’è l’idea di coinvolgere altri Pronto Soccorso, interni o esterni rispetto agli ospedali del Gruppo Humanitas, e ampliare lo studio ad altri contesti diversi dal Pronto Soccorso.
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