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AllenaMente, decadimento cognitivo lieve ed effetti sulle sinapsi

AllenaMente è un nuovo progetto di ricerca coordinato dalla professoressa Michela Matteoli, attualmente in fase di pianificazione. Ricercatrici e ricercatori Humanitas vogliono confermare l’efficacia, in termini di stimolazione delle capacità cognitive e motorie, di un percorso di allenamento per uomini e donne tra i 65 e i 75 anni affetti da “mild cognitive impairment” ovvero declino cognitivo lieve. Parallelamente, il team della professoressa Matteoli vuole studiare quello che accade in queste persone in termini di molecole infiammatorie circolanti, che hanno un effetto dannoso a livello delle sinapsi, le strutture che consentono la comunicazione tra neuroni nel cervello, e che sono alla base dell’apprendimento e della memoria.

Il declino cognitivo lieve non è una patologia neurodegenerativa conclamata, ma la comunità scientifica è concorde nel ritenere che chi soffre di un declino cognitivo lieve potrebbe, nell’arco di pochi mesi o anni, sviluppare una malattia vera e propria.

Cos’è esattamente il declino cognitivo lieve?

Man mano che l’età aumenta capita che si presentino dei disturbi legati alla sfera della memoria. Gli specialisti, attraverso alcuni test, possono capire se ci si trova di fronte a un “invecchiamento normale”, che comporta alcuni cambiamenti nelle abilità cognitive, o se invece si tratta di un disturbo cognitivo lieve, una condizione che richiede un intervento perché rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie neurologiche più severe.

L’invecchiamento del cervello, chi più chi meno, è qualcosa che tutti sperimentiamo: “si perdono neuroni e sinapsi” e di conseguenza diminuiscono le abilità di concentrazione, apprendimento, quelle mnemoniche e di reazione agli stimoli esterni.

Il mild cognitive impairment, invece, è qualcosa che si colloca a metà tra l’invecchiamento normale e la patologia. I deficit cognitivi riscontrati non impediscono le normali attività quotidiane o gli scambi sociali ma risultano comunque più significativi della media delle persone della stessa età. Questa condizione secondo i dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità riguarda circa 900mila persone in Italia.

Tra i primi training per il cervello

Lamberto Maffei, noto neurofisiologo e direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR dal 1980 al 2008, si era posto il problema di capire, assieme al suo team, se persone anziane affette da declino cognitivo lieve, quando opportunamente stimolate attraverso una serie di esercizi per la mente e per il corpo, mostrassero un miglioramento delle proprie capacità cognitive. Le conclusioni di questo studio, denominato Train the Brain, pubblicate nel 2017, erano state molto interessanti. Il training cognitivo e fisico condotto in un contesto sociale per 7 mesi (quindi un tempo anche piuttosto limitato) portava a un significativo miglioramento dello stato cognitivo dei partecipanti, ritardando di fatto l’insorgenza di una patologia neurologica più grave. I soggetti di controllo, non inseriti in alcun programma di training, mostravano invece un peggioramento cognitivo. Miglioramenti e peggioramenti venivano confermati anche da analisi di risonanza, perché i soggetti sottoposti all’allenamento mostravano un aumento del flusso ematico a livello cerebrale.

L’eredità di Train The Brain

Questi training per il cervello hanno il grande vantaggio, oltre a permettere a ricercatrici e ricercatori di arruolare pazienti con caratteristiche di declino cognitivo lieve e monitorarne i cambiamenti cognitivi, di consentire lo studio di molecole solubili nel sangue dei pazienti che possano essere utilizzati come biomarcatori.

«Alcuni anni fa sono stata coordinatrice della prosecuzione del progetto Train The Brain, svolto presso il CNR di Pisa, in collaborazione con l’IRCCS Stella Maris e la Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana – spiega la professoressa Michela Matteoli,  direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas–. Al training avevamo associato uno studio sui biomarcatori infiammatori, tra cui molecole pro-infiammatorie, anti-infiammatorie e chemochine (proteine che richiamano le cellule dell’immunità verso il sito di infiammazione), rilevando la loro presenza prima di iniziare il training, alla fine del training e 7 mesi dopo la sua conclusione». Mettendo a confronto persone sottoposte a un costante allenamento, rispetto agli inattivi, si evidenzia un’importante riduzione dei livelli delle citochine pro-infiammatorie, che sappiamo essere associate all’insorgenza di potenziali deficit cognitivi, e un corrispondente aumento delle citochine antinfiammatorie, in particolare dell’interleuchina 10»

Perché un nuovo programma di training

I dati raccolti grazie a questo studio sono significativi: i soggetti che mostrano declino cognitivo lieve sono caratterizzati dall’ alterazione di una serie di citochine infiammatorie, alterazione che viene recuperata dall’allenamento.Ora, la professoressa Matteoli insieme al Dott. Michele Cucchi, psichiatra e Direttore Sviluppo Aree Mediche di Humanitas, responsabile del centro Humanitas PsicoCare, stanno mettendo a punto, sempre in Humanitas, un nuovo protocollo di allenamento per la mente, che parta dallo stesso presupposto, e che coinvolga un numero più ampio di persone prendendo in considerazione anche un parametro finora non esaminato: il sonno.

In primo luogo, verranno valutati separatamente coloro che hanno, spesso a propria insaputa, alterazioni respiratorie nel sonno, come le apnee ostruttive, che causano un incremento dei mediatori infiammatori, tra cui le citochine, una ridotta eliminazione di sostanze come l’amiloide e la proteina tau, il cui accumulo favorisce i processi neurodegenerativi. Questa patologia è propria solo dell’essere umano, ha una epidemiologia alta e rappresenta un fattore confondente non considerato nelle esperienze precedenti. Inoltre, le variazioni quantitative e qualitative del sonno di coloro che parteciperanno allo studio verranno correlate ai progressi neurocognitivi, anche con l’intento di sviluppare specifici percorsi per contrastare il peggioramento del sonno e la alterazione dei ritmi circadiani, che giocano un ruolo bidirezionale in questa patologia.

Attraverso questo nuovo studio si potrà confermare l’efficacia dell’allenamento cognitivo e fisico condotto in modo rigoroso, raccogliere ulteriori dati sui marcatori infiammatori, e investigare come molecole di tipo infiammatorio possano alterare la plasticità delle sinapsi. Potremo così capire sempre meglio come funziona il cervello e soprattutto che impatto ha sul cervello il processo di inflammaging (l’infiammazione legata all’avanzamento dell’età) da contrastare anche con la cura dei disturbi del sonno.

L’importanza di un protocollo rigoroso e specifico

Il training per le persone con declino cognitivo lieve deve essere rigoroso, non basta un generico allenamento fisico e mentale. Sappiamo che “allenare il cervello” è utile, sempre e a tutte le età. Ma sappiamo anche che bisogna farlo in modo rigoroso, seguendo un protocollo messo a punto da professionisti specializzati, altrimenti gli effetti non sono quelli sperati. Ecco perché AllenaMente coinvolgerà un team allargato di neuroscienziati, psicologi, terapeuti e personal trainer.

AllenaMente partirà nei prossimi mesi. Al momento ricercatrici e ricercatori stanno ancora definendo la tipologia di esercizi che saranno proposti alle persone arruolate. Sicuramente si tratterà di un protocollo variabile, che inizierà con compiti più semplici che si faranno via via più complessi nel tempo, sia per quanto riguarda l’allenamento del cervello vero e proprio sia dal punto di vista fisico. Una volta ottenute le necessarie autorizzazioni del protocollo inizierà l’arruolamento dei pazienti.

Leggi il blog per restare aggiornato su AllenaMente e aiutaci a sostenere il progetto per contrastare il decadimento cognitivo lieve.