Essere Antonella un intreccio denso dei silenzi discreti e affascinanti delle vette e dello zampillare cristallino di certi ruscelli di montagna che scorrono indisturbati all’ombra di felci o nell’assolato verde di un prato.
Per sentire davvero la sua voce, ti devi avvicinare con calma, sincronizzando passo e respiro, come per risalire un sentiero sassoso che si inerpica verso un piccolo monastero nel cuore del Ladakh. Se con pazienza percorri quel crinale, improvvisa, come una folata di vento, ti porterà con lei in 200 lanci con il parapendio, nella sua casa fra le montagne del Trentino, tra cinguettii di uccelli ed eco di campane tibetane, a spasso nei boschi che tanto ama e in cui ha imparato a distinguere tracce di animali e di uomini.
La città e la frenesia se li è da poco lasciati alle spalle; provando, con costanza, un giorno dopo l’altro, a non farsi riacciuffare dalla fretta del quotidiano, come l’acqua che d’inverno non vuol farsi imprigionare dal gelo, ma continua indefessa a scorrere verso il mare.