HIPPO Program. Intervista Ricercatore Dr.ssa Irene Di Ceglie
Di cosa ti occupi?
Mi occupo di immunologia. In particolare sto studiando un nuovo tipo di cellule del sistema immunitario chiamate linfociti T non convenzionali, perché diversi dai più noti linfociti T CD4 e CD8. Mi occupo di comprenderne l’origine, l’attivazione e il loro coinvolgimento nel cancro e in altre patologie immunitarie. La mia ricerca viene svolta integrando l’utilizzo di modelli sperimentali, l’analisi di campioni da pazienti e l’impiego di analisi bioinformatiche.
Cosa porti in Italia delle tue esperienze precedenti?
Oltre alle competenze lavorative e tecniche che ho potuto sviluppare, sicuramente sono immensamente grata per aver conosciuto culture, modi di affrontare la vita lavorativa e personale diversi. Penso che per un ricercatore sia importante saper guardare ai problemi e alle domande scientifiche da varie prospettive.
Inoltre porto con me anche tanta consapevolezza delle bellezze e delle ricchezze scientifiche e culturali presenti in Italia, di cui forse troppo spesso tendiamo a dimenticarci.
Cos’ha Humanitas a tuo avviso di diverso rispetto alle istituzioni nelle quali hai già lavorato?
Penso che uno dei maggiori punti di forza di Humanitas sia riuscire a integrare molteplici metodologie, dallo studio di modelli a quello di campioni umani, oltre a un ampio utilizzo della bioinformatica con approcci all’avanguardia..
Trovo inoltre che l’attività di divulgazione in cui si sta impegnando molto Humanitas aiuti la diffusione della cultura scientifica a un numero sempre più ampio di persone.
Quanto è importante fare esperienze diverse, confrontarsi con ricercatori di tutto il mondo per fertilizzare e sviluppare la Ricerca?
Credo sia un aspetto fondamentale del nostro lavoro il confronto tra ricercatori, sia coi propri colleghi sia con chi opera in altri Paesi o in ambiti diversi. Più occasioni di confronto si hanno, più idee e strumenti di lavoro si avranno per affrontare la propria ricerca e mettere le proprie competenze a disposizione di tutti. In tal senso un’esperienza all’estero è un’immersione completa in una realtà “altra” dalla nostra, un’occasione di confronto unica con gli altri e con noi stessi. La sfida, credo, stia poi nel riuscire a sintetizzare le numerose esperienze fatte e metterle a frutto, senza perdersi nella vastità delle informazioni raccolte.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
La Ricerca è, oltre al mio lavoro, anche una grande passione. Spero che la mia costanza possa portarmi un giorno a condurre una linea di ricerca in cui sintetizzare tutte le mie esperienze lavorative e portare così un contributo significativo alla società. Mi piacerebbe inoltre prendere parte ad attività di divulgazione scientifica, soprattutto con lo scopo di far nascere curiosità e interesse nei piccoli e nei giovani.
Fare Ricerca richiede fondi ingenti. Perché i donatori dovrebbero contribuire a sostenerla?
La Ricerca scientifica ha un ruolo essenziale non solo per il progresso scientifico ma anche per lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi in cui viene svolta e, più in generale, del mondo. Oltre a un incremento delle conoscenze consente un miglioramento della salute e della qualità di vita, temi a cui tutti siamo sensibili. La recente pandemia di COVID ha reso forse ancor più evidente la necessità di aumentare i finanziamenti per migliorare la prevenzione, la diagnosi e lo sviluppo di nuove terapie. Vorrei cogliere quest’occasione per ringraziare chi sostiene la Ricerca consentendoci di svolgere il nostro lavoro.