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Enciclopedia

Ipertensione arteriosa

Che cos’è l’ipertensione arteriosa?

Si tratta di una condizione contraddistinta dall’alta pressione del sangue nelle arterie, che è causata dalla quantità di sangue che viene pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al fluire del sangue. Colpisce circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi e, nelle donne, è succede più spesso dopo la menopausa.

Che cosa comporta?

L’ipertensione arteriosa non è una patologia, ma un fattore di rischio, cioè una situazione che accresce la possibilità che si presentino altre patologie cardiovascolari (ad esempio: angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale). Per questo, è fondamentale localizzarla e trattarla: per prevenire i danni che può causare.

Si parla di ipertensione arteriosa sistolica quando solamente la pressione massima è cresciuta; al contrario, nell’ipertensione diastolica, sono cambiati i valori della pressione minima. Si chiama ipertensione sisto-diastolica la condizione in cui entrambi i valori di pressione (minima e massima) sono superiori del normale.

Solitamente, e come risultato dei cambiamenti che accadono nell’organismo a causa dell’invecchiamento, gli anziani e i grandi anziani (ultranovantenni) hanno più spesso l’ipertensione arteriosa sistolica isolata, con valori di pressione massima anche molto elevati, e pressione minima bassa. Le forme di ipertensione diastolica isolata, al contrario, sono più comuni nei soggetti più giovani.

Quali son le cause dell’ipertensione?

L’ipertensione arteriosa si può classificare come primaria e secondaria.

Nell’ipertensione arteriosa primaria (o essenziale), che è circa il 95% dei casi di ipertensione, non c’è una causa precisa, identificabile e trattabile: gli alti valori pressori sono la conseguenza del cambiamento dei meccanismi complessi che regolarizzano la pressione (sistema nervoso autonomo, sostanze circolanti che hanno effetto sulla pressione).

Nel restante 5% delle situazioni, invece, l’ipertensione è il risultato di patologie, congenite o acquisite, che colpiscono i reni, i surreni, i vasi, il cuore, e per questo si chiama ipertensione secondaria. In queste situazioni, l’individuazione e l’eliminazione delle ragioni (ovvero, il trattamento della patologia di base) può abbinarsi alla normalizzazione dei valori pressori.

A differenza dell’ipertensione arteriosa essenziale, che solitamente colpisce la popolazione adulta, l’ipertensione secondaria colpisce anche persone più giovani e frequentemente si caratterizza per valori di pressione più elevati e più difficilmente controllabili con il trattamento farmacologico.

È fondamentale evidenziare che in certe situazioni la crescita dei valori di pressione arteriosa dipende dall’utilizzo (qualche volta dall’abuso) di certe sostanze tra cui, ad esempio, la liquirizia, gli spray nasali, il cortisone, la pillola anticoncezionale, la cocaina e le amfetamine. In queste situazioni, smettendo di usare queste sostanze, i valori pressori ritornano alla normalità.

Quali sono i sintomi dell’ipertensione?

L’incremento dei valori pressori non sempre si unisce alla comparsa di sintomi, soprattutto se succede in maniera non repentina: l’organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po’ più elevati, e non dà segnali alla persona. Per questo, tante delle persone colpite da ipertensione non lamentano sintomi, anche in caso di valori pressori molto alti.

In ogni caso, i sintomi collegati all’ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o collegati a condizioni diverse. Fra i sintomi più tipici troviamo:

  • Dolore alla testa, soprattutto al mattino
  • Stordimento e vertigini
  • Ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti)
  • Cambiamenti della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi)
  • Perdite di sangue dal naso (epistassi)

Nelle situazioni di ipertensione secondaria, ai sintomi aspecifici possono collegarsene altri, più specifici, dati dalla patologia di base.

La penuria dei sintomi e la loro aspecificità sono la ragione primaria per cui frequentemente la persona non si si rende conto di avere la pressione elevata. Per questo è basilare monitorare periodicamente la pressione: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa vuol dire prevenire i danni ad essa collegati e, quindi, patologie cardiovascolari anche invalidanti.

Quali fattori predispongono le persone a questa condizione?

Familiarità: la presenza, in famiglia, di persone ipertesi accresce la possibilità che un paziente abbia ipertensione arteriosa.

Età: la pressione arteriosa cresce con l’avanzare dell’età, a causa dei cambiamenti che si hanno a carico dei vasi arteriosi (che, invecchiando, diventano più rigidi). A un certo momento, mentre la pressione sistolica (massima) continua a crescere a causa dell’età, la diastolica (minima) non cresce più o, addirittura, tende a calare; questo spiega le forme di ipertensione sistolica isolata caratteristica dei grandi anziani.

Sovrappeso: sovrappeso e obesità, mediante meccanismi diversi e complicati, si collegano a una crescita dei valori pressori.

Diabete: questa condizione, grave e molto diffusa nella popolazione adulta, si collega molto spesso a una crescita della pressione arteriosa, incrementando in maniera importante il pericolo di patologie cardiovascolari.

Fumo: il fumo di sigaretta modifica acutamente i valori di pressione arteriosa (dopo aver fumato, la pressione resta più elevata per circa mezz’ora); a questo, si collegano i danni cronici che il fumo provoca sui vasi arteriosi (calo di elasticità, lesione alle pareti vascolari, predisposizione alla formazione di placche aterosclerotiche).

Disequilibrio di sodio e potassio: consumare cibi troppo salati e, generalmente, una dieta troppo ricca di sodio o troppo povera di potassio, possono favorire a causare l’ipertensione arteriosa.

Alcool: un consumo eccessivo di alcoolici (più di un bicchiere al giorno per le donne, due per gli uomini) può facilitare la crescita dei valori pressori, oltre che ledere il cuore (che, a causa del troppo alcool, tende a dilatarsi e a perdere la sua funzione di pompa, con gravi risultati sull’intero organismo).

Stress: lo stress (fisico ed emotivo) favorisce il mantenimento di valori di pressione più elevati. Questo spiega, ad esempio, perché in occasione delle visite mediche, la pressione è frequentemente più elevata confronto a quella che il paziente si misura al domicilio; perché la pressione possa essere più elevata nei giorni lavorativi rispetto ai periodi di vacanza, e anche perché i valori di pressione crescano mentre si fa esercizio fisico.

Sedentarietà: non possiamo affermare che la sedentarietà faccia crescere la pressione arteriosa; è certo, però, che l’attività fisica moderata e costante (conservando attivo l’organismo e facilitando il controllo del peso) aiuti a minimizzare i valori pressori e a ottimizzare le prestazioni fisiche (l’allenamento accresce progressivamente la capacità di tollerare gli sforzi).

Diagnosi

La misurazione della pressione arteriosa viene espressa mediante due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro.

I valori normali per la popolazione adulta si trovano entro i 140/85 mmHg. Quindi, si parla di ipertensione quando uno o entrambi i valori di pressione sono sempre più alti del normale.

Visto che l’incremento dei valori pressori frequentemente non si uniscono a sintomi e poiché, quando presenti, non sono specifici, la sola maniera per fare diagnosi di ipertensione arteriosa è quella di fare periodicamente delle misurazioni della pressione. In caso contrario, può accadere che si faccia diagnosi quando i valori di pressione sono elevati da molto tempo, hanno già causato danno o, addirittura, in caso di eventi acuti (infarto miocardico, ictus cerebrale).

Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa, è bene fare certi esami che consentono di comprendere se l’ipertensione ha già leso i vasi, il cuore, i reni, supportando il dottore nella definizione del profilo di pericolo cardiovascolare dei pazienti e nella scelta del trattamento antiipertensivo più idoneo.

Trattamenti

Come si cura l’ipertensione?

La cura dell’ipertensione arteriosa, anche quando richiede l’uso di medicinali, non può assolutamente prescindere da mutamenti nello stile di vita.

Lo scopo della cura della pressione arteriosa deve essere quello di ricondurre i valori pressori nella norma (ovvero, entro i 140/85 mmHg, a meno di malattie concomitanti, che impongono valori di pressione più bassi): non basta, quindi, abbassare un po’ la pressione, è fondamentale normalizzarla (diversamente, il pericolo che vengano patologie cardiovascolari rimane alto).

Una dieta povera di sale, l’attività fisica moderata e costante (30 minuti/die di camminata veloce o di cyclette), il controllo del peso corporeo (il calo di peso, in presenza di sovrappeso/obesità), l’astensione dal fumo di sigaretta, un consumo moderato di alcoolici, sono tutti atteggiamenti consigliabili in presenza di valori pressori aumentati. Nelle situazioni di leggera crescita della pressione arteriosa, e in mancanza di altri elementi di rischio collegati (fumo, diabete, ipercolesterolemia, obesità), questi cambiamenti nello stile di vita potrebbero essere l’unico trattamento indicato dal dottore, e possono risultare efficaci nel ricondurre la pressione arteriosa a valori normali.

Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa e riconsiderate le abitudini di vita, può esserci bisogno di cominciare un trattamento farmacologico, il cui obiettivo è proprio quello di stabilizzare la pressione arteriosa.

È fondamentale sapere che il trattamento antiipertensivo è cronico, che si prende per molti anni (raramente accade che un paziente iperteso ad un certo punto riesca a smettere di prendere i medicinali per la pressione).

I medicinali di cui disponiamo sono tanti, e operano sul controllo della pressione arteriosa con meccanismi differenti; sono tutti efficienti e sicuri, e la scelta della tipologia di antiipertensivo da usare la fa il dottore basandosi sulla storia della persona e sulla presenza di altre malattie collegate.

In certe persone l’utilizzo di un solo antiipertensivo basta a normalizzare la pressione arteriosa, in altri c’è bisogno di usare più medicinali, che operando con meccanismi diversi collaborano al controllo della pressione. Dover prendere più antiipertensivi non significa avere un’ipertensione più aggressiva: solo che, ogni persona reagisce in maniera diversa ai singoli trattamenti. Per questo, trovare il o i farmaci efficaci e meglio tollerati può servire un po’ di tempo. Può anche accadere che dopo anni di trattamento, una persona abbia bisogno di aggiungere o cambiare un medicinale: non è colpa dell’antiipertensivo che perde efficacia, è solo l’effetto della pressione arteriosa, che con gli anni muta.

In certe persone, l’uso anche di 4-5 medicinali antiipertensivi a dosaggio pieno non basta a tenere sotto controllo la pressione arteriosa; si parla, in queste situazioni, di ipertensione arteriosa resistente. Ultimamente sono state proposte nuovi trattamenti non farmacologici per la cura di queste forme di ipertensione arteriosa (denervazione delle arterie renali).

Farmaci antiipertensivi:

  • ACE inibitori, antagonisti del recettore per l’angiotensina II (Angiotensin II receptor Blocker – ARBs) o sartani, inibitori diretti della renina: fanno calare la pressione andando a ostacolare la generazione di certe sostanze circolanti che formano il cosiddetto sistema renina-angiotensina-aldosterone. Ogni classe di medicinali è attiva in un punto differente di questo sistema.
  • Calcio antagonisti: monitorano la pressione provocando vasodilatazione.
  • Diuretici: supportano l’organismo nello smaltimento di acqua e di sali minerali (sodio)
  • Alfa e beta bloccanti: operano a livello dei meccanismi nervosi di monitoraggio periferico della pressione arteriosa
  • Simpaticolitici ad azione centrale: operano a livello dei meccanismi nervosi di monitoraggio centrale (sistema nervoso centrale) della pressione arteriosa