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Enciclopedia

Tumore dell’ovaio

Questo tumore si sviluppa nelle ovaie; queste sono due piccoli organi situati a destra e a sinistra dell’utero che hanno la funzione di produrre gli ormoni sessuali femminili (estrogeni e progesterone) e le cellule riproduttive chiamate ovociti. Vi sono forme benigne, intermedie (border line) e maligne di questo tipo di neoplasia.

Il tumore dell’ovaio viene frequentemente diagnosticato quando è già diffuso nell’addome. Solo nel 20% dei casi viene diagnosticato in uno stadio precoce, ossia quando ancora è limitato alle ovaie: questo perché la sua sintomatologia non è specifica, e può essere facilmente scambiata per disturbi digestivi o dolori addominali di altra natura.

Le forme benigne hanno la caratteristica di non svilupparsi al di fuori delle ovaie e, pertanto, di non produrre metastasi. Nel caso di tumori maligni, invece, le cellule tumorali possono andare a colpire anche i tessuti e gli organi adiacenti (nell’addome e nella regione pelvica) o lontani, tramite il flusso sanguigno o il sistema linfatico.

 

Esistono tre tipi di tumore ovarico maligno:

 

  • Tumori epiteliali, che rappresentano circa l’85-90% del totale e si sviluppano dall’epitelio (quel sottile strato di tessuto che riveste le ovaie)
  • Tumori germinali, rari e più frequenti nelle giovani donne e nelle adolescenti, che si sviluppano dalle cellule che sono deputate alla produzione di ovociti
  • Tumori dello stroma e dei cordoni sessuali, anch’essi rari, che originano dal tessuto di sostegno dell’ovaio, che produce sia gli estrogeni che il progesterone
  • Fattori di rischio

I principali fattori di rischio di questo tumore sono:

  1. Familiarità di malattia (5-10% dei casi)

Storia familiare di tumore ovarico

Associazione fra tumore ovarico e cancro della mammella (mutazione nei geni BRCA1 e BRCA2 del cancro alla mammella, che aumenta dal 10 al 30% il rischio di tumore alle ovaie);

Sindrome di Lynch (HNPCC), che include tumore dell’endometrio, dello stomaco, della mammella, carcinoma del colon non associato a poliposi.

  1. Fattori endocrini

Sterilità, obesità, trattamento ormonale per l’infertilità, policistosi ovarica ed endometriosi (per alcuni istotipi), sembrano essere correlati ad un maggior rischio di sviluppo della malattia.

Al contrario, multiparità (ossia aver avuto più di un figlio), allattamento al seno e prolungato impiego di contraccettivi estroprogestinici sembrano ridurre il rischio di sviluppare questa tipologia di tumore.

  1. Fattori ambientali

Esposizione all’asbesto, al talco e all’alcool.

Non esiste, invece, alcuna correlazione accertata fra lo sviluppo di questo tumore e l’abitudine al fumo o il consumo di caffeina.

 

Diagnosi

Sebbene non esista un esame attendibile per la diagnosi del tumore dell’ovaio, una serie di indagini possono aiutare il medico ad identificare la presenza della malattia, ad iniziare dalla visita ginecologica.

Accanto all’esame clinico, è indispensabile l’esecuzione di un’ecografia transvaginale, una metodica non invasiva ben tollerata dalle pazienti, che è utile per definire l’estensione locale della malattia (il medico inserisce nella vagina un piccola sonda per valutare l’utero sfruttando le onde sonore). Fondamentale altresì è l’effettuazione un esame del sangue per valutare il dosaggio del CA125, proteina che risulta aumentata nella maggior parte dei tumori maligni dell’ovaio.

Le indagini strumentali utilizzate per l’approfondimento diagnostico sono:

TAC: è una metodica che utilizza radiazioni ionizzanti. Viene impiegata per la stadiazione della malattia e l’identificazione di eventuali noduli peritoneali.

Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): può essere richiesta in casi selezionati. E’ una metodica non invasiva, che non usa radiazioni ionizzanti. E’ in grado di valutare diverse strutture della pelvi e permette di definire in modo preciso la struttura delle masse tumorali.

PET: identifica le cellule tumorali in attività e può essere impiegata nel sospetto di recidiva di malattia.

Chirurgia esplorativa: in casi selezionati, il medico può fare ricorso ad un intervento chirurgico al fine di confermare la diagnosi di cancro dell’ovaio. In questo modo può ispezionare dall’interno le cavità pelvica e addominale allo scopo di stabilire la presenza del tumore, attraverso un’incisione piccola (laparoscopia) oppure più estesa (laparotomia). In presenza di tumore, il medico ne identifica la tipologia e ne verifica l’eventuale diffusione. Può anche asportare ed esaminare un numero variabile di campioni di tessuto (biopsie) che provengono dall’addome.

 

Trattamenti

Il trattamento del tumore dell’ovaio in Humanitas avviene con un approccio multidisciplinare, che comprende chemioterapia, chirurgia e radioterapia. La terapia ormonale può essere un’alternativa nei soggetti che non tollerano regimi citotossici.

 

Chirurgia

Laparotomia – Tramite un’incisione addominale il chirurgo asporta, nella maggioranza dei casi, l’utero, le ovaie, le tube di Falloppio, una piega di tessuto adiposo detta omento, l’appendice, ed eventualmente le ghiandole linfatiche adiacenti. Il chirurgo esegue altresì delle biopsie mirate e preleva una piccola quantità di liquido addominale.

Esame estemporaneo intraoperatorio – Consente di eseguire un’analisi microscopica dei tessuti (effettuata dall’anatomo patologo) in pochi minuti, permettendo al ginecologo di stabilire durante l’intervento se il tumore è maligno, aumentando quindi la capacità di eseguire la procedura chirurgica più appropriata ed evitando alla paziente un eventuale re-intervento.

Laparoscopia con eventuale ausilio della chirurgia robotica – E’ una procedura mini-invasiva che viene utilizzata dagli specialisti in ginecologia di Humanitas in casi selezionati come nella ristadiazione del tumore dell’ovaio (rivalutazione della malattia dopo primo intervento incompleto), che prevede ad esempio l’asportazione sia di linfonodi che dell’utero. Questa procedura è utilizzata, in casi selezionati e per alcuni tipi di neoplasia, anche nella terapia conservativa (ossia senza asportazione dell’apparato genitale nelle donne in età fertile) del tumore dell’ovaio ai suoi stadi iniziali.

La procedura laparoscopica e/o robotica è utilizzata anche dopo un trattamento chemioterapico al fine di asportare l’apparato genitale interno ed i tessuti che siano eventualmente coinvolti (linfonodi, omento, appendice…)

 

​Chemioterapia

Dopo l’intervento chirurgico è previsto un trattamento chemioterapico, in tutti gli stadi di malattia tranne i più precoci. L’approccio standard prevede la combinazione di due agenti chemioterapici, un derivato del platino (carboplatino o cisplatino) e il paclitaxel, ripetuti per sei cicli ad intervalli di tre settimane.

Altri medicinali chemioterapici per il trattamento del cancro dell’ovaio sono l’etoposide, la gemcitabina, la vinorelbina, il topotecan, la doxorubicina liposomiale pegilata, la trabectedina, usati singolarmente o in associazione.

I medici di Humanitas studiano i potenziali nuovi medicinali attraverso protocolli di ricerca clinica.

 

Radioterapia

La radioterapia consiste nell’utilizzo di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali. Attualmente il suo impiego per il trattamento del cancro dell’ovaio è limitato in caso di recidiva o ripresa di malattia a distanza.

 

Protocolli di ricerca clinica

Humanitas è un “Comprehensive Cancer Center” (Centro Oncologico), in cui una delle attività consiste nel disegnare e nello sviluppare protocolli di ricerca clinica. Si tratta dell’utilizzo controllato di nuove terapie non ancora approvate in modo ufficiale. I protocolli di ricerca clinica hanno lo scopo di determinare la sicurezza e l’efficacia di una terapia: possono non rappresentare una cura, ma almeno consentono di prolungare la vita o migliorarne la qualità. Tali protocolli possono prevedere l’impiego di nuove molecole di diversa origine, come chemioterapici o terapie biologiche, la cui azione è mirata al meccanismo di proliferazione cellulare tipico di un preciso tipo di neoplasia (farmaci “intelligenti”). Per ottenere maggiori informazioni e capire quali protocolli possono essere adatti al proprio caso, è opportuno che il paziente si rivolga al proprio medico.