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Enciclopedia

Tumori cerebrali

I tumori del sistema nervoso sono masse composte da cellule di varia origine che si sviluppano nel cervello e che possono alterare o compromettere la funzione di varie aree del cervello.

Cosa sono i tumori cerebrali?

I tumori cerebrali sono forme tumorali che coinvolgono il sistema nervoso centrale, quindi l’insieme di encefalo, midollo allungato e cervelletto.

Vengono distinit in:

  • tumori primitivi, che si sviluppano direttamente nel tessuto nervoso centrale,
  • tumori secondari, o metastasi, che prendono origine da tumori che crescono in altri organi (ad esempio il polmone o la mammella) e che poi si diffondono al tessuto nervoso.
  • In Europa vengono diagnosticati in media 5 casi all’anno di tumori primitivi del sistema nervoso centrale ogni 100.000 abitanti, senza significative differenze fra le varie nazioni europee. Questi tumori provocano il 2% di tutte le morti per cancro. Negli ultimi tre decenni si è registrato un progressivo aumento di incidenza (numero di nuovi casi all’anno) che non pare attribuibile solamente alla maggiore diffusione di più sofisticate tecniche di imaging (TC e RM cerebrale). Tale aumento è stato più rilevante nella fascia d’età oltre i 65 anni, nella quale l’incidenza è più che raddoppiata.
  • I tumori primari del sistema nervoso centrale comprendono un variegato insieme di entità patologiche ciascuna con una sua distinta storia naturale.

Classificazione generica

I tumori che originano dalle cellule gliali (che svolgono funzioni di supporto e nutrizione dei neuroni) rappresentano da soli quasi il 40% di tutti i tumori di cui ci stiamo occupando. Pertanto, è possibile fare una prima distinzione tra tumori gliali (gliomi) e tumori non gliali.

Tumori gliali

Appartengono a questa categoria tutti i tumori che nascono dalle cellule gliali. I tumori gliali vengono classificati, a loro volta, in vari sottotipi, distinti a seconda del tipo cellulare da cui originano e del grado di differenziazione o di malignità. I gliomi più frequenti sono gli astrocitomi (che originano dalle cellule astrocitiche), gli oligodendrogliomi (dalle cellule oligodendrogliali) e gli ependimomi (dalle cellule ependimali).

La World Health Organization (WHO) a partire dal 1993 (ultima revisione datata 2007), ha indicato un sistema di classificazione secondo cui i gliomi possono essere suddivisi in 4 sottogruppi, secondo le caratteristiche di anaplasia ovvero alla presenza di atipie nucleari, mitosi, proliferazione endoteliale e necrosi.

Nella letteratura viene utilizzato il termine “glioma di basso grado” (low-grade glioma, ovvero l’acronimo LGG, nella pubblicistica in Inglese) per indicare tumori gliali  WHO-grade I e II; mentre viene usato “glioma di alto grado” o “maligni” (high-grade glioma, HGG) per indicare tumori di grado III e IV.

Gli astrocitomi (compreso il glioblastoma) rappresentano l’85% circa di tutti i gliomi dell’adulto.

I gliomi a basso grado compaiono più di frequente in età giovanile dai 20 ai 40 anni, mentre i cosiddetti gliomi anaplastici o “maligni” generalmente hanno un’insorgenza più tardiva, dai 40 ai 70 anni. Oltre i 70 anni il glioblastoma multiforme è sicuramente la forma istologica più frequente.

Proprio quest’anno nel 2016 è stata pubblicata l’ultima revisione della classificazione WHO dei gliomi che integra i dati provenienti dall’analisi istologica tradizionale con informazioni di tipo molecolare (ottenute tramite specifiche analisi genetiche). In particolare la presenza o meno di  mutazione a carico del gene IDH1\2 (isocitrato deidrogenasi) e la presenza o meno della codelezione dei cromosomi 1q-19q, sono diventati fattori determinanti  la  definizione stessa dei diversi sottotipi isto-molecolari; per cui tumori con la contemporanea presenza di mutazione del gene IDH1\2 e codelezione 1p-19q verranno classificati come forme oligodendrogliali, mentre tumori con mutazione del gene IDH1\2 e assenza della codelezione 1p-19q saranno forme astrocitarie pure, così come i tumori senza mutazione del gene IDH1\2

La nuova classificazione isto-molecolare è caratterizzata da una valenza prognostica molto più accurata della precedente e consente di dirimere alcune diagnosi difficili che mostravano una elevata variabilità tra operatori diversi

Questa revisione ha come conseguenze principali la pressoché completa scomparsa delle forme miste oligoastrocitarie e l’introduzione delle forme NOS (Not Otherwise Specified; non altrimenti specificate) nel caso in cui il dato molecolare non fosse disponibile.

Inoltre si può suddividere il glioblastoma in primitivo insorto de novo (IDH wild type; non-mutato) e il glioblastoma secondario insorto invece dall’evoluzione di una forma a più basso grado (IDH mutato).

Secondo la nuova versione della classificazione WHO i tumori astrocitari e oligodendrogliali diffusi sono:

  • Astrocitoma Diffuso, IDH mutato
  • Astrocitoma Gemistocitico, IDH mutato
  • Astrocitoma Diffuso, IDH wild type (non-mutato)
  • Astrocitoma Diffuso, NOS
  • Astrocitoma Anaplastico, IDH mutato
  • Astrocitoma Anaplastico, IDH wild type (non-mutato)
  • Astrocitoma Anaplastico, NOS
  • Glioblastoma, IDH wild type (non-mutato) (primitivo)
  • Glioblastoma a cellule giganti
  • Gliosarcoma
  • Glioblastoma epitelioide
  • Glioblastoma multiforme, IDH mutato (secondario)
  • Glioblastoma multiforme, NOS
  • Oligodendroglioma, IDH mutato e codelezione 1p-19q
  • Oligodendroglioma Diffuso, NOS
  • Oligodendroglioma Anaplastico , IDH mutato e codelezione 1p-19q
  • Oligodendroglioma Anaplastico, NOS
  • Oligoastrocitoma, NOS
  • Oligoastrocitoma Anaplastico, NOS

 

Tumori non-Gliali

A questa categoria di tumori molto varia appartengono tutti i tumori cerebrali (primitivi) che non originano dalle cellule gliali.

Si distinguono:

  • Medulloblastoma: è il tumore cerebrale maligno più comune nell’infanzia (anche gli adolescenti sono a rischio) con un picco d’incidenza compreso tra i 2 e i 7 anni d’età, mentre molto raramente viene diagnosticato nella popolazione adulta (oltre 21 anni). Questo tumore è tipico della fossa cranica posteriore, e si può sviluppare in entrambi gli emisferi del cervelletto (più frequentemente nell’adulto) o nel verme cerebellare (tipica sede dei medulloblastomi in età pediatrica). Appare come un tumore particolarmente aggressivo ed a rapida crescita, che si diffonde ad altre parti del sistema nervoso centrale attraverso il liquor. Raramente, può generare metastasi extracraniche.
  • Meningioma: i meningiomi sono tumori che prendono origine dall’aracnoide, una delle tre meningi (quella intermedia) che avvolgono il sistema nervoso centrale (cervello e il midollo spinale); costituiscono il 15% di tutti i tumori cerebrali, il 90% sono intracranici e di questi la quasi totalità  insorge sopra il tentorio. Generalmente si verificano circa 2 casi all’anno ogni 100.000 abitanti (tumori intracranici più frequenti), hanno un comportamento generalmente benigno e colpiscono più frequentemente le donne, in particolare nella sesta e settima decade di vita. I soggetti più a rischio sono i pazienti con neurofibromatosi di tipo 2.
  • Linfomi primitivi del SNC: rappresentano approssimativamente il 2-3% di tutti i tumori cerebrali che colpiscono i pazienti immunocompetenti. Interessano prevalentemente i maschi dai 55 ai 60 anni; quasi metà di tutti i linfomi coinvolgono pazienti che hanno più di 60 anni e circa un quarto pazienti con più di 70.  I pazienti che presentano un sistema immunitario compromesso (pazienti che hanno subito un trapianto d’organo, che hanno un’immunodeficienza congenita o una patologia autoimmune, o che sono infetti dal virus dell’AIDS) hanno un rischio maggiore di sviluppare un linfoma primitivo del SNC.  La maggior parte dei linfomi del SNC sono del tipo a grandi cellule B
  • Tumori dell’ipofisi: si tratta di tumori, per lo più benigni, che si sviluppano nella ghiandola pituitaria e possono disturbarne il funzionamento, con importanti conseguenze sulla produzione di ormoni necessari per l’organismo (vedi scheda specifica).

 

Sintomi dei tumori cerebrali

Ci possono essere varie manifestazioni cliniche (segni e sintomi) di una neoplasia cerebrale, che dipendono prevalentemente dalla sede colpita e da dimensioni ed aggressività della malattia. Nel caso in cui il tumore colpisca una determinata area del cervello, che governa una funzione specifica, sarà tale funzione a risultare alterata. La sintomatologia è causata da effetto massa o da infiltrazione del parenchima cerebrale e distruzione tissutale.

I sintomi più frequenti sono:

mal di testa: è il sintomo più comune associato all’effetto massa, che colpisce circa il 35% dei pazienti. La comparsa di forti mal di testa in un soggetto che non ne ha mai sofferto è frequentemente caratteristico, specie se gli attacchi di cefalea (o emicrania che sia) sono più forti al mattino e sono accompagnati da nausea, vomito o da altri sintomi di origine neurologica. In soggetti già affetti da cefalea, il variare della fenomenologia di tale disturbo o un aumento di frequenza o intensità degli attacchi può essere un segno della presenza di massa intracranica.

crisi epilettiche: si verificano in circa un terzo dei pazienti di glioma, in particolar modo nei casi di tumori di basso grado

problemi alla vista:

  • offuscamento, sdoppiamento della visione o perdita della visione periferica
  • nausea e vomito
  • perdite di memoria
  • confusione mentale, disorientamento spazio-temporale
  • disturbi del movimento
  • disturbi della sensibilità
  • disturbi nella comprensione del linguaggio scritto o parlato
  • disturbi dell’equilibrio
  • difficoltà nell’articolazione del linguaggio
  • allucinazioni sensoriali
  • cambiamenti nel comportamento e personalità instabile
  • problemi (improvvisi) di udito
  • incontinenza sfinterica

Fattori di rischio

Come per altre patologie oncologiche, non sono ancora note le cause che possono determinare lo sviluppo di un tumore del SNC, ma è stato possibile individuare alcuni potenziali fattori di rischio.

l’età: nonostante alcuni tumori cerebrali colpiscano tipicamente in età infantile e adolescenziale, la maggior parte di essi viene diagnosticata fra i 60 e gli 80 anni di età.

Il più noto fattore di rischio ambientale per lo sviluppo di gliomi è l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Se ne è dimostrata l’associazione attraverso studi condotti sui bambini, sottoposti a irradiazione del cranio per patologie oncologiche, e sui soggetti esposti ad esplosioni nucleari; altri studi non hanno invece evidenziato un aumentato rischio per quanto riguarda le radiazioni utilizzate nell’ambito di procedure diagnostiche.  L’insorgenza della malattia può anche non essere immediata, ma avvenire molto tempo (anche vent’anni) dopo l’esposizione.

l’esposizione a determinate sostanze cancerogene come cloruro di vinile, pesticidi e fertilizzanti.

l’utilizzo di telefoni cellulari: una recente analisi ha evidenziato un potenziale aumento del rischio di sviluppo di neurinomi dell’acustico (OR 2.4) e di gliomi (OR 2.0) utilizzando telefoni cellulari per molte ore al giorno e per periodi lunghi (più di dieci anni). Tuttavia, si discute ancora molto sull’associazione tra utilizzo dei telefoni cellulari e gliomi, anche perché altri studi non hanno invece dimostrato alcun tipo di relazione.

il calo delle difese immunitarie che si riscontra nei pazienti malati di AIDS è un fattore di rischio per l’insorgenza di linfomi primitivi del SNC.

Si considera significativo il ruolo della predisposizione genetica in alcune rare sindromi ereditarie provocate dall’inattivazione di geni oncosoppressori.

neurofibromatosi di tipo I (neurofibromi muco-cutanei multipli e chiazze cutanee caffelatte) e tipo II (neurinomi del VIII nervo cranico, spesso bilaterali).

sindrome di Li Fraumeni (carcinoma mammario, sarcomi, tumori cerebrali, leucemie).

sindrome di Turcot (poliposi familiare con aumentata incidenza di carcinomi del colon-retto e tumori astrocitari).

sindrome di Von Hippel Lindau (emangioblastomi multipli retinici ed intra-assiali, cisti e carcinoma renale o pancreatico, feocromocitoma).

sindrome di Cowden (gangliocitoma displastico del cervelletto, carcinoma mammario, trichilemmomi).

Si stima che solo il 5% delle neoplasie gliali presenti una componente ereditaria. Si è dimostrato, attraverso studi di popolazione, un chiaro aumento del rischio relativo per i parenti di primo e secondo grado di soggetti colpiti da astrocitoma (RR 3.82 e 1.91) e per i parenti solo di primo grado di soggetti colpiti da gliobastoma (RR 2.29). Sarà necessario eseguire ulteriori studi di tipo prospettico per chiarire un’eventuale associazione a fattori ambientali e per individuare le alterazioni molecolari correlate a tale familiarità.

Sono attualmente in corsi studi mirati a dimostrare quanto lo stile di vita e l’alimentazione possano contribuire allo sviluppo di tumori cerebrali. Non è stata però ancora dimostrata l’utilità di nessuna strategia di prevenzione.

Come eseguire la diagnosi

Se la malattia provoca la manifestazione di sintomi evidenti, in genere l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale, che decide se richiedere una visita specialistica neurologica per ottenere una valutazione più approfondita, o programma direttamente degli accertamenti strumentali.

Il Neurologo può avere un sospetto di un tumore del sistema nervoso centrale basandosi sul tipo dei segni e dei sintomi che si manifestano, sulla loro localizzazione e sulla loro modificazione nel tempo. A volte, i sintomi possono manifestarsi improvvisamente e richiedere una valutazione urgente in Pronto Soccorso.

Se il sospetto di malattia tumorale cerebrale viene rafforzato dall’esame obiettivo neurologico si procede agli esami strumentali. È possibile rilevare efficacemente la presenza di una neoplasia cerebrale attraverso la tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica nucleare (RMN). La RMN presenta una maggiore sensibilità rispetto alla TC nell’identificare le lesioni; tuttavia non può essere effettuata in pazienti portatori di pacemaker, di protesi incompatibili con il campo magnetico, di clips metalliche. L’uso del mezzo di contrasto, iodato in caso di TC, paramagnetico in caso di RM (gadolinio), consente di acquisire informazioni sulla vascolarizzazione e sull’integrità della barriera emato-encefalica, di definire meglio il nodulo tumorale rispetto all’edema circostante e permette di avanzare ipotesi sul grado di malignità.

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) costituisce l’indagine di scelta nel caso di sospetto tumore cerebrale. Fornisce immagini tridimensionali, rende possibile l’individuazione della sede, delle dimensioni, dell’estensione della malattia e dei rapporti con le strutture circostanti, in particolare con le aree cosiddette “eloquenti”.

Utilizzare metodiche funzionali in RM, quali l’analisi della diffusione e della perfusione, può fornire ulteriori informazioni sulla cellularità e sulla vascolarizzazione delle regioni analizzate.

La Tomografia Computerizzata (TC) dell’encefalo è riservata ai pazienti che non possono essere sottoposti a RMN (ad esempio pazienti con pace-maker) o in caso di urgenze (sanguinamenti, ischemie). La TC rimane la metodica di elezione per il rilevamento di calcificazioni interne alle lesioni o di erosioni ossee della teca o della base cranica.

Lo studio RM in soggetti affetti da neoplasia cerebrale dovrebbe includere almeno una sequenza assiale o coronale T1-pesata senza gadolinio, quindi sequenze multiple T1-pesate con gadolinio secondo i tre assi, e sequenze in T2 e FLAIR (generalmente assiale o coronale).

In relazione ai Gliomi, salvo rare eccezioni (ad esempio astrocitoma pilocitico) l’enhancement è tipico delle forme ad alto grado e l’area tumorale viene misurata come prodotto dei due diametri perpendicolari maggiori dei noduli di enhancement che appaiono nelle scansioni in T1 con gadolinio. Per quanto riguarda le forme a basso grado, prive di enhancement, la definizione del diametro tumorale risulta più controversa e, solitamente, viene eseguita utilizzando il metodo dei diametri perpendicolari sulle aree di alterato segnale alle scansioni T2 o FLAIR, anche se spesso non è possibile riconoscere il confine fra tumore ed edema.

Con la risonanza magnetica a spettroscopia nucleare (MRS) è possibile analizzare diversi parametri, allo scopo di visualizzare l’estensione del tessuto neoplastico e, contemporaneamente, quantificare la sua attività metabolica.

È possibile ottenere questo risultato registrando i differenti pattern spettrali del tessuto cerebrale basandosi sulla diversa distribuzione di N-acetilaspartato e creatina (elevati nel tessuto sano) e della colina e lattato (elevati nei tessuti tumorali). La MRS si rivela particolarmente utile per il precoce riscontro delle recidive, oppure per la diagnosi differenziale fra tumore e radionecrosi.

La PET (Tomografia ad Emissione di Positroni) fornisce informazioni di tipo fisiologico e valuta in maniera specifica il metabolismo cellulare, tipicamente aumentato nelle forme tumorali.

Tipicamente si adopera come tracciante il fluorodesossiglucosio (FDG) e si utilizza come completamento diagnostico. Può risultare utile in particolar modo per identificare i tumori sistemici, in caso di metastasi cerebrali da tumore primitivo ignoto o nel caso di linfomi primitivi del sistema nervoso centrale.

Nel nostro istituto si può eseguire la PET  utilizzando un tracciante specifico  per l’encefalo: l’aminoacido metionina marcata con il carbonio 11.

Tale tracciante ha il vantaggio di riuscire a passare la barriera ematoencefalica e localizzarsi selettivamente nel tessuto cerebrale dove è presente un’aumentata e anomala sintesi proteica, tipica delle neoplasie (presenta invece una bassa captazione a livello dei tessuti cerebrali sani). Attraverso questo esame è possibile rilevare sia le lesioni primitive del cervello che quelle secondarie e viene utilizzato per la tipizzazione delle neoformazioni cerebrali, per la diagnosi differenziale del grado di aggressività dei tumori primitivi del SNC (l’intensità di accumulo del radiofarmaco a livello del tumore è proporzionale alla sua velocità di crescita e quindi alla sua aggressività), per la distinzione tra tumore e radio necrosi e per la programmazione dei trattamenti e per la valutazione della risposta ai trattamenti stessi.

In casi selezionati, se sorge il sospetto di un interessamento midollare, si procede all’esecuzione di una rachicentesi, ossia una puntura lombare, che consiste nel prelevare un campione di liquido cefalorachidiano, contenuto nel canale midollare.

L’elettroencefalogramma viene utilizzato per la gestione delle terapie anticomiziali, in caso di epilessia

È possibile ottenere una diagnosi di certezza solo mediante l’esame isto-patologico di un campione di tessuto, ottenuto tramite una biopsia stereotassica (il prelievo di un piccolo campione di tessuto sotto guida TC o RMN) o direttamente con l’atto chirurgico di rimozione della massa. Solo effettuando un’indagine patologica sul tessuto tumorale è possibile arrivare alla caratterizzazione dei diversi oncotipi e ad una corretta pianificazione delle strategie di cura.

In particolare per quanto riguarda le neoplasie gliali, come già specificato, oltre alla tradizionale definizione istopatologica, può essere effettuata una dettagliata caratterizzazione molecolare del campione tumorale, utilizzando dei marcatori con  valore predittivo e\o prognostico (metilazione del gene MGMT, mutazione dei geni IDH1\2, presenza della codelezione dei cromosomi 1q-19q) che possano determinare classi di rischio o aiutare nella pianificazioni di trattamenti diversificati.

Con la nuova classificazione isto-molecolare WHO dei gliomi, in vigore ufficialmente dal  2016, si utilizzano alcune analisi genetiche (mutazioni a carico del gene IDH1\2 e codelezione dei cromosomi 1q-19q) per la definizione stessa dei diversi sottotipi

Trattamento

Scegliere il trattamento più adatto può dipendere da diversi fattori: dalla sede di malattia, dall’estensione, dalla natura del tumore (maligno o benigno; primitivo o secondario), e dalle condizioni cliniche del paziente. Per i tumori cerebrali chirurgia, è possibile utilizzare radioterapia e chemioterapia separatamente o in combinazione fra loro.

L’elaborazione del piano terapeutico viene sempre determinata dalla discussione multidisciplinare dei casi dove i diversi specialisti coinvolti nella gestione dei malati colpiti da tumore cerebrale (neurochirurgo, oncologo, radioterapista, neurologo, fisiatra, neuropsicologo) si confrontano e definiscono il programma di trattamento più adatto per ciascun paziente.

Chirurgia

Uno dei capisaldi del trattamento dei tumori cerebrali di qualunque tipo è la chirurgia, ma non è sempre possibile, poiché dipende dalla sede/localizzazione della lesione e dai rapporti di quest’ultima con le strutture funzionali circostanti. La chirurgia ha l’obiettivo di asportare il maggior volume possibile di malattia, allo scopo di definire la diagnosi istologica e migliorare la qualità di vita del paziente. In alcuni casi, sarà possibile rimuovere chirurgicamente il tumore in maniera completa; in molti altri, però, ci potrà essere solo un’asportazione parziale (per evitare deficit neurologi invalidanti e permanenti) oppure non potrà essere assolutamente praticabile.

Si possono ottenere molteplici benefici con un approccio chirurgico “radicale” (che preveda l’asportazione completa del tumore): oltre a produrre un sensibile miglioramento dei sintomi (dovuti all’ aumentata pressione endocranica e alla compressione delle strutture encefaliche), aumenta l’ossigenazione del tessuto tumorale residuo, migliorando l’eventuale risposta alla radioterapia ed alla chemioterapia. Secondo una recente revisione di studi, relativi a gliomi di alto e basso grado, esiste una correlazione tra una chirurgia estesa e una prognosi più favorevole.

Con l’intervento chirurgico risulta necessaria l’apertura della scatola cranica (craniotomia), che viene eseguita per lo più in anestesia generale, con l’eccezione di pochi casi selezionati.

Prima dell’intervento si pianifica la strategia, attraverso lo studio dei dati morfologici (TC e RM) e metabolici (PET), in relazione alla localizzazione funzionale della lesione da asportare.

Con la guida di strumenti sofisticata, si effettua una craniotomia, ovvero una breccia attraverso le ossa del cranio, che permetta di accedere alle strutture intracraniche coinvolte dalla patologia.

In base alle strutture funzionali coinvolte, attraverso l’uso di tecniche neurofisiologiche intraoperatorie, vengono identificate le aree “critiche” per il linguaggio, il movimento e la coordinazione, per fare in modo che siano protette e preservate durante l’asportazione della massa tumorale. A seconda della necessità, l’intervento può essere eseguito in anestesia generale o con risveglio intraoperatorio, la cosiddetta “awake surgery”. L’obbiettivo è massimizzare l’asportazione tumorale, stando attenti, però a preservare le funzioni neurologiche e di conseguenza la qualità della vita.

Radioterapia

Nella radioterapia vengono utilizzate radiazioni ionizzanti ad alta energia (un fascio di fotoni penetranti, di 5-10 MeV di energia) per distruggere le cellule tumorali danneggiandone il DNA, cercando di preservare, al tempo stesso, le cellule normali.

Il nostro centro ha a disposizione la radioterapia conformazionale, una tecnica che, oltre ad utilizzare un acceleratore lineare, impiega un collimatore multi-lamellare, che riesce a concentrare più efficacemente il fascio di radiazioni e a ridurre l’esposizione dei tessuti sani circostanti, minimizzando gli effetti collaterali. In particolare è necessario risparmiare le strutture critiche quali i nervi ottici, il chiasma ottico e il midollo allungato.

In alcuni casi, è anche possibile ricorrere alla radioterapia stereotassica o radiochirurgia, che consente di indirizzare dosi di radiazioni molto alte in una singola frazione in una o poche sedute (solitamente in 2 – 3)

direttamente sul “bersaglio” (la massa tumorale o il suo residuo dopo l’asportazione).

Spesso si esegue la radioterapia dopo l’intervento chirurgico, allo scopo di colpire il residuo neoplastico, all’interno di un area ristretta che viene identificata dal computer attraverso le informazioni ottenute con la RMN (ed, eventualmente, la  PET), rendendo così possibile risparmiare quasi completamente i tessuti sani circostanti.

Chemioterapia

La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci in grado di inibire la crescita e la divisione cellulare delle cellule tumorali, provocandone la morte. Tali farmaci per essere attivi a livello encefalico devono essere in grado di penetrare attraverso la barriera ematoencefalica; è possibile somministrarli per via orale o per via endovenosa, da soli (monoterapia) o associati ad altri farmaci (polichemioterapia) e ad altre tecniche di trattamento (RT).

Il trattamento viene scelto in base all’istotipo del tumore, al quadro clinico e alle comorbidità del paziente.

Per quanto riguarda il trattamento medico dei tumori cerebrali, soprattutto dei gliomi, è di fondamentale importanza la ricerca mirata all’individuazione di nuovi farmaci attivi ed efficaci, che riescano a migliorare la prognosi dei nostri pazienti.

La moderna ricerca clinica si sta focalizzando in special modo sullo studio di farmaci a bersaglio molecolare, così detti “intelligenti”, ovvero diretti in modo specifico contro determinate molecole espresse dal tumore, e di farmaci immunoterapici che, con modalità differenti, hanno lo scopo di potenziare e amplificare la risposta del nostro sistema immunitario contro il tumore.

A questo proposito, sono disponibili e saranno attivati presso il nostro centro sperimentazioni cliniche  di FASE I, II e III.

Riabilitazione

Sia come conseguenza diretta della malattia sia come esito dei trattamenti effettuati, spesso i pazienti colpiti da tumori cerebrali hanno bisogno di un periodo di riabilitazione a causa della compromissione di una o più funzioni motorie, cognitive e/o comportamentali.

I deficit neuro-motori, che sono i più comuni, si presentano con emiparesi o monoparesi, seguono come frequenza i disturbi dell’equilibrio (nella stazione eretta o nella deambulazione) e i disturbi della sensibilità. È anche possibilie che si verifichino dei deficit neuropsicologici come: disturbi del linguaggio (sia nella espressione che nella comprensione), della lettura e della scrittura, della memoria e dell’orientamento spazio-temporale.

L’intervento riabilitativo deve essere volto al recupero dell’autonomia individuale e può impiegare strumenti diversi quali fisioterapia motoria, terapia del linguaggio, terapia occupazionale. Pertanto è necessario personalizzare le strategie di trattamento, che richiedono una valutazione attenta delle funzioni motorie, percettive, cognitive, affettive, sociali e dell’autonomia globale del paziente  (anche avvalendosi dell’utilizzo di test validati e scientificamente comprovati che esplorano le singole funzioni).

Uno specialista della riabilitazione neurologica, infatti, può riuscire a valutare le aree e le capacità sulle quali è necessario intervenire per ottenere il miglior recupero funzionale possibile: la conseguenza è un miglioramento della qualità della vita del paziente.

Per ottenere il massimo risultato possibile nel recuperare la qualità della vita del paziente, però, può essere determinante anche l’aiuto dei familiari e degli amici.