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ormoni influenzano l’immunoterapia
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Gli ormoni influenzano l’immunoterapia, quali prospettive terapeutiche

Gli ormoni influenzano l’immunoterapia, comportando una diversa risposta a queste cure innovative. In particolare, numerosi studi hanno evidenziato una differente efficacia delle immunoterapie quando somministrate a pazienti uomini oppure donne per trattare un tumore solido. Risultati che suggeriscono l’esistenza di variabili biologiche ancora da approfondire.

I ricercatori e le ricercatrici di Humanitas, impegnati da anni nello studio delle risposte terapeutiche differenziate tra i sessi, stanno ulteriormente confermando queste differenze grazie a un progetto sostenuto anche da Fondazione Humanitas per la Ricerca. Un’importante tappa di questo percorso è la review appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Cancer Cell dal dott. Fabio Conforti, oncologo medico di Humanitas Gavazzeni insieme al prof. Alberto Mantovani, Presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca.

Perché una review

La review di cui stiamo parlando raccoglie e analizza i principali studi scientifici sul tema, mettendo ordine tra le evidenze e aprendo nuove prospettive per comprendere le differenze nella risposta alle immunoterapie.

Le review sono tipologie di studi molto importanti perché, sebbene non forniscano dati nuovi, permettono di avere un quadro riassuntivo delle evidenze scientifiche esistenti su un particolare argomento. Possiamo definire le review come una sintesi aggiornata e sistematica dello stato dell’arte della Ricerca scientifica su un particolare tema, condotta da esperti del settore.

Il ruolo degli ormoni sessuali nell’immunoterapia

Uno dei punti centrali della ricerca è l’ipotesi che gli ormoni sessuali, in particolare estrogeni e androgeni, possano influenzare l’efficacia delle immunoterapie attraverso il loro impatto sul microambiente tumorale. Quest’ultimo è rappresentato dell’insieme di tessuti, strutture biologiche (come i vasi sanguigni), cellule e molecole che circondano il tumore vero e proprio.

«Gli ormoni esercitano una forte influenza sulle risposte immunitarie, promuovendo meccanismi di immunosoppressione nel microambiente tumorale – spiega il Prof. Mantovani –. Ecco perché le fluttuazioni ormonali, tipiche ad esempio del ciclo mestruale e della menopausa, potrebbero interferire con l’efficacia dei trattamenti immunoterapici.»

Questa evidenza non solo aiuta a spiegare le differenze tra uomini e donne nella risposta alle terapie oncologiche, ma apre anche alla possibilità di combinare le terapie ormonali con l’immunoterapia per migliorare i risultati clinici, soprattutto nelle pazienti di sesso femminile.

Le donne sono meno rappresentate nella Ricerca

Nonostante il crescente interesse per il tema della differenza di genere nelle risposte alle terapie, le donne sono storicamente sottorappresentate negli studi clinici sugli immunoterapici. Questo è in parte dovuto al timore che si possano verificare eventi avversi, soprattutto in presenza di malattie autoimmuni, che colpiscono prevalentemente il sesso femminile. Come sottolinea il dott. Conforti, «la mancanza di inclusione ha ostacolato una piena comprensione delle risposte immunologiche nelle pazienti femminili, ritardando la scoperta delle differenze nella risposta agli immunoterapici. Anche negli studi più recenti, i risultati spesso non sono disaggregati per sesso, impedendo conclusioni specifiche». Superare questa lacuna è essenziale per promuovere trattamenti più efficaci e personalizzati.

Un futuro di trattamenti su misura

La combinazione tra terapie ormonali e immunoterapia rappresenta una nuova e promettente frontiera, ma non è priva di sfide metodologiche. La complessità delle interazioni tra sesso, ormoni e risposta immunitaria richiede ulteriori ricerche per comprendere appieno i meccanismi coinvolti. Ricercatrici e ricercatori Humanitas sottolineano l’importanza di condurre studi clinici più inclusivi, che considerino le differenze di genere nella risposta ai trattamenti oncologici. Solo con un approccio multidisciplinare, che coinvolga oncologi, immunologi, endocrinologi ed epidemiologi, sarà possibile sviluppare strategie terapeutiche realmente efficaci per tutti i pazienti.

Da questo punto di vista anche il supporto delle Agenzie Regolatorie sarà fondamentale per incentivare la sperimentazione di nuovi approcci, garantendo al tempo stesso l’equità di trattamento tra uomini e donne.

Questa nuova prospettiva terapeutica, fondata su un’attenta valutazione delle differenze biologiche tra i sessi, potrebbe segnare un passo decisivo verso una medicina oncologica sempre più personalizzata e inclusiva.