Carcinoma mammario metastatico, identificare marcatori associati alla risposta alla terapia standard
Il carcinoma mammario positivo per recettori ormonali e negativo per il recettore HER2 rappresenta circa il 70% dei casi di cancro al seno metastatico. Il trattamento di scelta è la combinazione di una terapia ormonale (letrozolo o Fulvestrant) con un farmaco biologico (ad esempio il palbociclib), una strategia che ha raddoppiato l’efficacia della terapia rispetto al passato. C’è però un 20% di pazienti che fin dall’inizio non rispondono a questo trattamento.
Saperlo prima di iniziare le cure, può essere utile sia per evitare di investire tempo in un trattamento che non può dare esiti positivi e che “pesa” sulle pazienti sia nell’ottica di personalizzare le terapie sulla singola donna.
Il progetto di Ricerca del carcinoma mammario metastatico
Il progetto “Identificazione di un profilo di miRNA e di marcatori del sistema immunitario associati a beneficio oppure a resistenza alla combinazione di palbociclib e terapia endocrina” è nato a marzo 2020 ed è stato co-finanziato da un’azienda farmaceutica e da Fondazione Humanitas per la Ricerca.
Scopo del progetto è stato quello di individuare dei biomarcatori di risposta o di resistenza alla terapia che viene comunemente usata per trattare le donne con il tipo più diffuso di carcinoma mammario metastatico.
Perché studiare i biomarcatori tumorali?
«Una delle sfide più importanti per l’oncologo medico – spiega la dottoressa Rosalba Maria Concetta Torrisi, della Sezione di Senologia Oncologica di Humanitas e responsabile del progetto di ricerca di cui stiamo parlando – è l’identificazione di fattori predittivi di risposta alle terapie che permettano di “personalizzare” specifici trattamenti oncologici riservandoli ai soggetti che per caratteristiche cliniche, patologiche o molecolari abbiano maggiore probabilità di trarne beneficio.
Nel caso del carcinoma mammario metastatico ci siamo dati l’obiettivo di studiare delle brevi sequenze di nucleotidi, chiamate microRNA, che sono coinvolte in tutte le fasi di cancerogenesi, a partire dalla trasformazione delle cellule sane in cellule tumorali, passando per la loro proliferazione e diffusione nell’organismo. Questo per capire se possono essere utili a predire quei casi in cui la terapia endocrina associata a palbociclib non ha efficacia. Al momento non esistono dei marcatori definiti di risposta o resistenza a questa terapia».
L’analisi delle biopsie
Il progetto ha analizzato 75 biopsie di pazienti che hanno ricevuto il trattamento standard per il carcinoma mammario metastatico in questione e che erano state sottoposte a biopsia subito prima dell’inizio della terapia. Sono stati raccolti dati utili da 52 di queste biopsie, analizzando, in totale, oltre 900 microRNA.
Dei microRNA evidenziati, 4 in particolare sono stati associati a una prognosi peggiore, cioè alla probabilità di non trarre nessun beneficio dalla terapia. Questi 4 marcatori sono stati identificati nel 20% delle pazienti che non hanno risposto alla terapia, in accordo con le evidenze cliniche, visto che anche negli studi randomizzati precedenti circa 20 donne su 100 dimostrano una resistenza alla terapia standard.
«Questi risultati sono ancora preliminari, e andranno verificati su casistiche più ampie, ma potrebbero essere utili per identificare per tempo le pazienti che non sono idonee al trattamento standard» sottolinea Torrisi.
Infiltrati linfocitari del carcinoma mammario metastatico
Accanto allo studio dei microRNA, il progetto di Ricerca aveva anche l’obiettivo di studiare gli infiltrati linfocitari, che rappresentano il parametro più misurabile per definire l’ambiente immunitario del tumore e che sono presenti in maniera diversa nei differenti sottotipi di tumore e in ciascun paziente. L’ambiente immunitario, secondo gli ultimi filoni di Ricerca dell’immunologia, può influenzare la risposta dell’organismo (positiva o negativa) contro il tumore.
Cosa “raccontano” gli infiltrati
«I risultati che abbiamo ottenuto sugli infiltrati linfocitari (TILs) sono anch’essi preliminari, soprattutto perché abbiamo rilevato la presenza di TILs solo in 15 pazienti su 50 biopsie analizzate. Però abbiamo comunque ricavato delle informazioni potenzialmente interessanti, che meritano un approfondimento. La presenza di TILs sembra legata a una risposta positiva alla terapia standard. I TILs quindi potrebbero rappresentare un fattore prognostico favorevole, perché associati a sopravvivenza libera da progressione del cancro per un tempo doppio rispetto alle pazienti in cui non è stata rilevata l’espressione di queste cellule del sistema immunitario nell’ambiente tumorale. Il piccolo numero di campioni positivi, però, necessita un’ulteriore verifica».
Il progetto è attualmente in corso: il team di Torrisi sta ampliando la casistica raccolta per verificare se è possibile validare i risultati ottenuti e sta anche estendendo l’analisi sui TILs delle pazienti durante il trattamento oltre che prima della terapia.