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Ricerca traslazionale Lara Paracchini
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Ritratto di scienza, parliamo di genomica e trascrittomica con Lara Paracchini

La Dott.ssa Lara Paracchini, laureata in biologia applicata alla ricerca biomedica presso l’Università dell’Insubria di Varese, ha conseguito il Dottorato in Ricerca presso la Open University. Appassionata di ricerca traslazionale in ambito oncologico, da oltre 10 anni segue progetti di ricerca focalizzati sul tumore ovarico.

Dopo aver collaborato con il prof. Maurizio D’Incalci presso l’Istituto Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, è oggi in Humanitas. Qui lavora nel Laboratorio di Farmacologia Antitumorale, occupandosi di progetti riguardanti analisi genomiche e trascrittomiche su campioni tumorali.

Cosa sono le analisi genomiche e trascrittomiche?

Genomica e trascrittomica fanno parte delle cosiddette scienze omiche, assieme ad altre discipline, come la proteomica. Grazie al veloce progresso tecnologico a cui abbiamo assistito negli ultimi 25 anni circa, che ha rivoluzionato il mondo della biologia molecolare, della bioinformatica e della genetica, sono nate queste nuove scienze che hanno al loro centro il DNA, l’RNA e le proteine.

In particolare, la genomica (forse la più nota al grande pubblico tra queste discipline), studia sia la struttura sia la funzione del DNA di un determinato organismo. La trascrittomica, invece, studia i trascritti, ovvero le molecole di RNA prodotte da un gene o da un insieme di geni, in una cellula o in un tessuto in un dato momento. Esistono diverse tipologie di RNA: tra queste ci sono quello messaggero, che ha il compito di trasferire le informazioni necessarie per la costruzione delle proteine, o gli RNA non codificanti con funzioni regolatorie.

Qual è la relazione tra genomica, trascrittomica e tumori?

Lo studio delle alterazioni che possono verificarsi a livello del genoma, dei trascritti e dei loro regolatori possono aiutarci comprendere il processo della trasformazione neoplastica. Permettono cioè di comprendere lo sviluppo dei tumori, e rappresentano un prerequisito indispensabile per mettere a punto nuove terapie più efficaci contro il cancro.

Semplificando, la mappa del DNA e dell’RNA dei tumori ci dice come crescono in quel tessuto e all’interno di quell’organismo.

La ricerca sul tumore ovarico è il fil rouge del mio lavoro di Ricerca. Tra i diversi progetti di cui mi sono occupata c’è uno studio sulla biopsia liquida applicata al cancro ovarico e ad altre patologie.

Un primo lavoro, pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research nel 2020 su un ristretto gruppo di donne, ha messo in evidenza come la biopsia liquida permetta di monitorare la malattia anticipando di circa un anno la recidiva clinica. Lo studio ci ha permesso di osservare che la misurazione del quantitativo di DNA tumorale circolante, rispetto al DNA libero in circolo in normali condizioni fisiologiche, può rappresentare un indicatore predittivo di recidiva, superando i limiti di sensibilità delle attuali tecniche disponibili

In relazione a questi primi risultati, sono in corso le analisi dei dati raccolti dallo studio cooperativo MITO-MaNGO, che ha come obiettivo quello di validare su una coorte molto più ampia di pazienti arruolati nel trial clinico il ruolo prognostico del DNA tumorale circolante nelle pazienti con diagnosi di tumore ovarico. Lo studio preliminare e quello ancora in corso sono entrambi finanziati anche da Fondazione Humanitas per la Ricerca grazie a fondi raccolti nell’ambito della campagna Pink Union.

Cosa ti ha portato a specializzarti in biologia molecolare?

La mia passione per la biologia nasce sui banchi di scuola. Fin da bambina ho sempre avuto un interesse particolare per tutto ciò che è legato alle condizioni patologiche di un organismo. Volevo comprendere cosa accade nel corpo umano o in quello animale nel momento in cui qualcosa non funziona come dovrebbe e si sviluppa una malattia.

Ecco perché, dopo le superiori, ho scelto di studiare biologia, approfondendo fin dalla laurea magistrale lo studio dei tumori.

Successivamente, ho seguito la scuola post-laurea di specialista in ricerca biomedica della Regione Lombardia (3 anni) e infine un corso di dottorato a distanza per diventare PhD con la Open University (Inghilterra), lavorando dall’Italia presso l’istituto Mario Negri. Durante i 4 anni di PhD ho realizzato anche un altro mio grande desiderio, quello di diventare mamma per ben due volte.

Ho scelto di rimanere in Italia per ragioni personali ma non solo. In Italia ci sono competenze, mezzi e strumenti per fare dell’ottima ricerca scientifica. Per quanto di difficile gestazione, anche perché spesso manca il supporto necessario da parte del tessuto sociale, la conciliazione tra famiglia e lavoro rimane possibile, e la mia esperienza di mamma che ha concluso il dottorato e ora continua a fare Ricerca ne è la dimostrazione.

Cosa serve per fare Ricerca?

Ci vuole passione: è il sine qua non perché il nostro è un mestiere faticoso. Noi ricercatrici e ricercatori abbiamo la fortuna di occuparci di tematiche entusiasmanti, che però portano ad affrontare nuove sfide continuamente. Ecco perché, accanto alla passione, il secondo ingrediente fondamentale è l’elasticità mentale. Poi serve resilienza, importante per riuscire a cambiare rotta ogni volta che un obiettivo fallisce, senza perdersi d’animo, convinti della possibilità di trovare nuove modalità di risposta alle più importanti domande cliniche.

Non da ultimo ha un suo peso il team, perché la Ricerca è un lavoro di squadra. È indispensabile creareun gruppo multidisciplinare composto da più figure professionali quali biologi, clinici, bioinformatici, patologi, che lavorino insieme con serietà ed entusiasmo per un obiettivo comune. Ultimo ingrediente è la determinazione, che fornisce la benzina indispensabile per dare sempre il meglio anche quando i risultati tardano ad arrivare.

Perché hai un interesse particolare nella Ricerca traslazionale?

Amo l’idea di fare ricerca partendo da domande ed esigenze cliniche molto concrete cercando poi di portare i risultati della Ricerca scientifica al letto dei pazienti. L’obiettivo comune della Ricerca in Humanitas è proprio quello di trovare nuove modalità di cura, sempre più efficaci e personalizzate sulla base dei bisogni e delle caratteristiche dei pazienti e delle pazienti.

Dona anche tu per sostenere la Ricerca sul tumore ovarico