Sistema immunitario e memoria, scoperto un nuovo legame durante lo sviluppo cerebrale
Il sistema immunitario influenza la memoria. Un nuovo progetto di Ricerca coordinato dalla professoressa Michela Matteoli, direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, svela il ruolo delle cellule immunitarie che risiedono nel cervello, chiamate cellule della microglia, nella formazione e nel funzionamento delle aree dell’Ippocampo deputate alla memoria.
Secondo i risultati ottenuti, pubblicati sulla rivista Immunity, il sistema immunitario ha una funzione fondamentale nei meccanismi che durante lo sviluppo cerebrale modificano il metabolismo dei neuroni delle aree della memoria, guidandone lo sviluppo e la maturazione. Vediamo meglio cosa significa.
La relazione tra sistema immunitario e cervello
L’idea del cervello come organo privilegiato dal punto di vista immunologico, isolato dal resto dell’organismo, è stata superata. Sappiamo che fin dalle prime fasi dello sviluppo del corpo umano esiste un dialogo continuo tra cellule nervose e cellule immunitarie. Tale relazione garantisce il funzionamento del cervello ma quando è alterata comporta problematiche e malattie.
Al centro di questa continua interazione ci sono le cellule della microglia e in particolare un loro recettore, chiamato TREM2, coinvolto in molti processi. Era stato identificato già nel 2013 perché, quando mutato, aumenta il rischio di sviluppare demenza e Alzheimer secondo un meccanismo che è ancora oggetto di studio.
La nuova scoperta che collega Memoria, sistema immunitario e cervello
«Abbiamo scoperto che se il recettore della microglia TREM2 non funziona correttamente, i neuroni della memoria nell’ippocampo presentano anomalie nel loro metabolismo energetico durante lo sviluppo, con implicazioni che si protraggono nel tempo – spiega la prof.ssa Michela Matteoli –.
La scoperta è entusiasmante non solo perché svela una funzione inedita delle cellule della microglia, ma perché sappiamo che difetti nel metabolismo dei neuroni in questa area sono coinvolti in diverse malattie neurodegenerative, tra cui l’Alzheimer. Il fatto poi che mutazioni in TREM2 costituiscano un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia, come dimostrato alcuni anni fa da studi di screening genetico su pazienti, suggerisce la rilevanza di questo processo».
TREM2 modula il metabolismo nelle aree della memoria
Secondo i risultati ottenuti da ricercatrici e ricercatori in laboratorio, in assenza di TREM2 i neuroni che compongono l’area della memoria nell’ippocampo:
- si sviluppano in ritardo;
- presentano delle anomalie, soprattutto di tipo metabolico, che durano nel tempo,
«Se manca TREM2 nella microglia, i mitocondri dei neuroni, vere e proprie “centrali energetiche” delle cellule, sono in numero inferiore e hanno una struttura e una funzionalità ridotta – spiegano le prime autrici dello studio, Erica Tagliatti e Genni Desiato – .Per la prima volta abbiamo dimostrato che le cellule della microglia e il loro recettore TREM2 hanno un ruolo nel controllare la maturazione dei neuroni della memoria e soprattutto il loro profilo metabolico».
Sviluppo e vecchiaia presentano dei forti legami
L’impatto metabolico della mancanza di TREM2 osservato da ricercatrici e ricercatori durante lo sviluppo potrebbe ripresentarsi in età avanzata, quando è noto che i livelli del recettore si riducono in modo fisiologico.
«Questa ricerca dimostra ancora una volta che nel cervello lo sviluppo e l’invecchiamento sono due facce della stessa medaglia e dovrebbero essere studiati congiuntamente» sottolinea Michela Matteoli.
Il progetto di Ricerca
La scoperta è stata condotta in laboratorio e su modelli preclinici: saranno necessarie ulteriori ricerche per capire le sue reali implicazioni nello studio di malattie come demenze e Alzheimer, ma le strade aperte sono tante.
I pazienti con varianti genetiche di TREM2 potrebbero, infatti, avere problemi di metabolismo che fino ad oggi non erano mai stati considerati, proprio nell’area del cervello deputata alla memoria. Tali problemi potrebbero indebolire l’area e renderla più suscettibile alla neurodegenerazione.
Il progetto di Ricerca è stato realizzato in collaborazione con il gruppo di Simona Lodato, a capo del Laboratorio di Neurosviluppo di Humanitas e docente di Istologia ed Embriologia di Humanitas University, Katia Cortese dell’Università di Genova e Rafael Arguello del CNRS di Marsiglia.
Tra i finanziamenti che l’hanno reso possibile ci sono: l’ERC Advanced Grant ottenuto da Matteoli nel 2022 e una borsa postdoc del programma HiPPO di Fondazione Humanitas per la Ricerca, che ha sostenuto il lavoro di Erica Tagliatti, prima autrice dello studio insieme a Genni Desiato.