Intervista Dr.ssa Erica Tagliatti
Di cosa ti occupi?
Negli ultimi 10 anni è diventato sempre più chiaro che l’attività del cervello è soggetta a costante sorveglianza del sistema immunitario, che non solo è capace di proteggerlo da infezioni batteriche e virali, ma è anche in grado di regolarne finemente l’attività in momenti critici della vita, come durante la crescita e l’invecchiamento.
Il mio progetto si occupa di capire i meccanismi attraverso i quali i neuroni, le principali cellule del cervello, e la microglia, le cellule immunitarie residenti nel cervello, interagiscano tra loro durante le prime fasi dello sviluppo cerebrale.
Cosa porti in Italia delle tue esperienze precedenti?
Negli ultimi 5 anni e mezzo ho lavorato all’University College London, la settima università al mondo per qualità della ricerca nell’ambito delle neuroscienze, ovvero l’area di mia competenza nel progetto di cui mi sto occupando adesso. Dalla mia esperienza inglese porto due aspetti importantissimi per la scienza: il pragmatismo, che ho imparato lavorando a stretto contatto con grandi “menti”, e la voglia di non fermarsi mai nella conoscenza. Questo mi ha insegnato a mettermi ulteriormente in gioco qui in Humanitas con la neuro-immunologia, un’area per me meno conosciuta fino ad ora.
Cos’ha Humanitas a tuo avviso di diverso rispetto alle istituzioni nelle quali hai già lavorato?
Diversamente dai centri in cui ho lavorato precedentemente, Humanitas nasce prima come ospedale e poi come centro di ricerca e università. Questo fa sì che, naturalmente, avvenga più di frequente l’interscambio di conoscenze e competenze tra ricercatori e clinici, avvicinando molto di più la nostra ricerca ai pazienti. Penso che questo aspetto sia un punto di forza di Humanitas, e mi piace pensare che, in un futuro, noi ricercatori potremo interagire direttamente con i pazienti stessi, condividendo con loro le nostre strategie terapeutiche vincenti.
Quanto è importante fare esperienze diverse, confrontarsi con ricercatori di tutto il mondo per fertilizzare e sviluppare la ricerca?
È fondamentale. Io nasco come biotecnologa che studiava i tumori al seno, e dopo 15 anni, ho maturato una esperienza che spazia dall’oncologia, alle neuroscienze, alla microscopia e alla biofisica. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non mi fossi messa in gioco dapprima in Italia, cambiando area di competenza, e successivamente nel Regno Unito, immergendomi nel mondo dell’epilessia e della tecnologia avanzata. Credo che mettersi in gioco continuamente, fare esperienze all’estero e confrontarsi con realtà diverse, sia un aspetto fondamentale per diventare un ricercatore che fa la differenza, ma anche per essere una persona migliore.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Mi auguro di fare frutto di tutto quello che ho imparato nei miei anni all’estero e di quello che imparerò qui in Humanitas dalla mia mentore, nonché “capo”, professoressa Michela Matteoli. Mi auguro di crescere ulteriormente come ricercatrice, un giorno avere un mio gruppo di ricerca indipendente e continuare a pormi domande scientifiche stimolanti.
Fare ricerca richiede fondi ingenti. Perché i donatori dovrebbero contribuire a sostenerla?
Spesso ci dimentichiamo che la ricerca scientifica è di tutti e per tutti. Ogni progetto di ricerca ha come obiettivo finale migliorare il benessere della popolazione, dallo studio delle malattie rare allo sviluppo di strategie terapeutiche per l’epilessia, la demenza e l’emicrania, tutte patologie del cervello che affliggono quotidianamente una grande percentuale di popolazione. È importante che esista la consapevolezza che la ricerca non può prescindere dalle singole persone e viceversa: per potere aiutare, dobbiamo essere supportati.
HIPPO PROGRAM
SCHEDA INTERVISTA
RICERCATORE Dr.ssa Erica Tagliatti
Mentor Prof.ssa Michela Matteoli