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Diamo voce alla ricerca Prevenzione

Ritratti: 5 domande alla dottoressa Giannitto per la settimana della tiroide

Caterina Giannitto è radiologa in Humanitas, dove è arrivata dopo un’esperienza che l’ha portata dal Massachusetts General Hospital di Boston a diversi centri di eccellenza in Italia. Oggi si occupa di Tumori Testa-Collo e nella sua attività di ricerca studia come migliorare la diagnosi per questo tipo di tumori, e la scelta di terapie personalizzate, attraverso l’impiego delle tecnologie di imaging, come la risonanza, la TAC e l’ecografia.

Cosa ti ha spinto ad affiancare l’attività di ricerca alla clinica?

Sono sempre stata molto appassionata sia delle materie STEM sia del mondo delle scienze umane e delle arti. La medicina, e ancor più la radiologia, mi sembrava la sintesi perfetta tra dimensione umana, numero e immagine. Studiando medicina ho anche scoperto quanto sia importante migliorare i nostri strumenti diagnostici e di osservazione quantitativa: come società siamo sempre molto focalizzati sullo sviluppo di nuove terapie, forse sottovalutando l’importanza che ha riuscire a capire in modo tempestivo e con precisione quando usare le terapie che già oggi abbiamo a disposizione e che spesso funzionano molto bene se usate in pazienti selezionati e nella giusta finestra temporale. È con questo obiettivo che vado al lavoro tutti i giorni, consapevole che questo è un momento particolarmente fertile per il miglioramento degli strumenti di diagnosi, grazie all’avvento dell’Intelligenza Artificiale, all’accesso a quantità crescenti di dati e all’avanzamento tecnologico degli strumenti di imaging.

È la settimana della tiroide. Perché credi sia importante aumentare la consapevolezza sui tumori della tiroide?

I tumori della tiroide sono tra i Tumori Testa-Collo, tutti quei tumori che si sviluppano dalla clavicola in su ma che non interessano il sistema nervoso. Tra questi, oltre a quello della tiroide, ci sono i tumori della faringe, della bocca e del naso, per citarne solo alcuni. Si tratta di un insieme di patologie su cui in generale sappiamo relativamente poco, soprattutto in termini di prevenzione, di diagnosi precoce e di strategie per ridurre le complicanze post-intervento. Forse anche per questo c’è poca consapevolezza nella cittadinanza in merito ai fattori di rischio e alle strategie di prevenzione. Per fare un esempio concreto: si parla molto di quanto sia importante la vaccinazione per HPV nel proteggere le donne dal tumore dell’utero e delle ovaie, ma pochi sanno che l’infezione da HPV predispone anche al tumore della faringe, sia negli uomini sia nelle donne. Ecco perché vaccinarsi è fondamentale anche per le persone di sesso maschile. Il tumore alla tiroide non fa eccezione: nonostante sia il secondo tumore più frequente nelle donne, se ne parla ancora pochissimo. Ecco perché sono convinta che progetti di ricerca come quello che stiamo portando avanti in Humanitas su questo tipo di tumore sia così rilevante, soprattutto per la popolazione femminile.

Il progetto riguarda proprio il problema della diagnosi dei noduli alla tiroide. Raccontaci meglio di cosa si tratta

I noduli alla tiroide costituiscono una sfida per la diagnosi clinica: sebbene nella maggior parte dei casi sia possibile identificare correttamente la malignità dei noduli prima di decidere come intervenire, c’è una parte consistente di casi che si trova in una zona grigia, in cui l’esito radiologico e l’esame citologico non sono dirimenti. Si tratta dei cosiddetti noduli TIR3, che si trovano a metà strada tra i noduli chiaramente benigni (TIR1 e TIR2) e i noduli chiaramente maligni (TIR4 e TIR5). I noduli TIR3 vengono al momento divisi in due categorie, una categoria a basso rischio (TIR3A) che non prevede l’intervento chirurgico o farmacologico ma solo il monitoraggio nel tempo e i noduli a rischio maggiore (TIR3B) per i quali si interviene a seconda delle necessità del caso, con una rimozione parziale o totale della tiroide. Sappiamo però, dalle analisi che vengono effettuate a seguito dell’intervento chirurgico, che il 70-80% di questi noduli rimossi erano in verità benigni. Si tratta di un dato molto importante, perché significa che in questi casi si potrebbe risparmiare ai pazienti un’operazione non necessaria, con i relativi rischi di complicanze e l’impatto sulla qualità della vita, anche in termini di equilibrio ormonale. L’obiettivo della nostra ricerca è proprio capire come utilizzare le nuove tecnologie di Imaging multi-parametriche per distinguere con maggior precisione i TIR3A dai TIR3B in modo non invasivo, migliorando così la vita delle pazienti e il successo dell’approccio terapeutico.

Come stanno proseguendo le ricerche?

Abbiamo già dati incoraggianti. Sulla base di questi dati stiamo per partire con un primo studio clinico pilota a fine mese. Questo studio ci permetterà poi di accedere a finanziamenti competitivi più ampi, per consolidare le evidenze raccolte.  Per fare tutto questo serve la collaborazione multidisciplinare e il lavoro di squadra a tutti i livelli: dalle aziende che producono i macchinari di imaging, che ci supportano dal punto di vista tecnologico, ai tecnici di radiologia, agli studenti di specialità e dottorato, che mettono la loro passione ed energia, a Fondazione Humanitas per la Ricerca, che ci permette con il suo sostegno di affrontare questa prima fondamentale fase di studio.

Perché è importante donare per la ricerca?

Perché donare per la ricerca scientifica è il migliore investimento che si possa fare per il proprio futuro e per quello delle prossime generazioni: non c’è niente di più importante della salute e solo la Ricerca può aiutarci a stare in salute più a lungo, prevenendo le malattie, identificandole tempestivamente e con precisione e sviluppando nuove terapie e trattamenti sempre più efficaci.