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Tumore alla vescica e immunità: la Ricerca scopre una nuova prospettiva di cura personalizzata

Scoperto il ruolo della mitomicina C nell’attivazione del sistema immunitario contro il tumore alla vescica, malattia che colpisce oltre 26.000 persone in Italia.

Una ricerca che porta un grande contributo nella cura del tumore alla vescica. Sono stati pubblicati su Science Translational Medicine i risultati dello studio di Humanitas e Humanitas University, che ha consentito di identificare il meccanismo di azione della mitomicina C, un farmaco chemioterapico usato da pià di 50 anni per il carcinoma alla vescica.

Ogni anno in Italia, sono più di 26.000 le nuove diagnosi di tumore alla vescica, di cui il 75% non muscolo-infiltrante. Siamo di fronte a un tumore con elevata incidenza nei Paesi occidentali con dati che, in alcune aree, sono in aumento.

La Prof.ssa Maria Rescigno, ordinario di Patologia Generale di Humanitas University e pro rettore vicario con delega alla Ricerca, spiega: «Insieme ai colleghi urologi, abbiamo avviato questo lavoro partendo da un dato: sappiamo che la mitomicina funziona circa nel 40% dei pazienti, mentre la metà ha una recidiva dopo il trattamento. Ci siamo chiesti da cosa dipendesse questo esito». Ne è risultato che in alcuni pazienti la mitomicina funziona anche da attivatore del sistema immunitario, risvegliando la risposta contro il tumore. Il farmaco, cioè, provoca la cosiddetta morte immunogenica, attivando un segnale che spinge le cellule del sistema immunitario a “mangiare” la cellula tumorale.

«È un meccanismo di azione della mitomicina mai descritto prima – prosegue la prof.ssa
Rescigno –. In altre parole, se la cellula tumorale esprime una determinata proteina della catena respiratoria, che funge da marcatore, questa andrà incontro a morte immunogenica. I pazienti che rispondono meglio alla mitomicina sono quelli in cui è stato riscontrato questo marcatore».
Lo studio è partito da un approccio retrospettivo: è stata verificata la presenza del marcatore nei pazienti che, in passato, avevano risposto alla mitomicina, e viceversa. Quindi il gruppo è passato a uno studio prospettico che ha coinvolto 52 pazienti grazie alla collaborazione con l’Unità Operativa di Urologia, diretta dal dott. Paolo Casale. Anche in questo caso, i ricercatori hanno verificato che i pazienti senza marcatore non rispondevano alla mitomicina.
Questo significa che è possibile prevedere la risposta alla cura, e quindi monitorare i pazienti a rischio recidiva e scegliere terapie diverse.
«Vogliamo andare avanti, studiando se sia vantaggioso somministrare il farmaco già prima di asportare il tumore – continua il dottor Rodolfo Hurle, urologo in Humanitas -. Oggi nella pratica si opera, poi si fa un lavaggio vescicale con la mitomicina che agisce sulle cellule che potrebbero essere sfuggite alla chirurgia all’interno della vescica. In base ai nuovi dati, si potrebbe dare il farmaco anche prima della chirurgia e scatenarne in anticipo la risposta immunitaria. Un’altra domanda che ci porremo nei prossimi studi è se questo stesso procedimento possa essere usato per i pazienti con cancro alla vescica muscolo-infiltrante, quindi più aggressivo, fungendo da promotore per la chemioterapia».
«Le informazioni scaturite da questo studio aprono sempre di più la strada a una medicina di precisione, che tiene conto della risposta di ogni singolo paziente per indirizzare il percorso terapeutico più adatto. Siamo orgogliosi di questo risultato che nasce dalla stretta collaborazione tra ricercatori e clinici di Humanitas – conclude il dottor Massimo Lazzeri, urologo di Humanitas -. Unendo le competenze possiamo efficacemente migliorare il percorso di cura dei pazienti».

All’interno del gruppo di Ricerca, anche la dottoressa Bianca Oresta, 29 anni, Ricercatrice di Humanitas sostenuta da una borsa di studio AIRC, con già alle spalle uno studio del microbioma vescicale nei pazienti con tumore alla vescica.

«Il quesito sulla mitomicina parte da un interesse nato in laboratorio negli anni passati, Ci si era già domandati come i chemioterapici potessero stimolare la risposta immunitaria, la morte cellulare immunogenica, attivando un’azione specifica contro il tumore».