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Tumori

L’arte può migliorare il benessere psicologico dei pazienti affetti da carcinoma metastatico 

Il benessere psicologico dei pazienti con tumore metastatico è molto importante: la qualità della vita di tutti noi, infatti, è fortemente condizionata dall’umore. Indipendentemente dal tipo di trattamento a cui sono sottoposte le persone con un cancro in fase avanzata, tutte manifestano un significativo coinvolgimento emotivo, che può influenzare diversi aspetti della sfera affettiva, portando a cambiamenti nello stile di vita. Si manifestano perdita di interessi e motivazione, scarso rendimento sul lavoro, bassa concentrazione, ritiro sociale, flessioni nel tono dell’umore e un generale stato di stress psicofisico, legato alle preoccupazioni sulla salute e sul futuro

Il ruolo delle arti applicate all’assistenza sanitaria è in aumento in diversi Paesi e contesti di cura, come riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il progetto “Misurazione della qualità di vita e benessere psicologico in un gruppo di pazienti affetti da carcinoma della mammella metastatico: condizioni standard ed effetti di un percorso di narrazione ispirato alla bellezza dell’arte” è stato condotto presso l’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo grazie al sostegno di Fondazione Humanitas per la Ricerca, con il coordinamento del dott. Mario Salvini prima e del dott. Emilio Bombardieri in un secondo momento. 

Sono state coinvolte nel progetto donne affette da carcinoma mammario metastatico, con lo scopo di capire se l’arte e la narrazione usate in modo combinato possano migliorare la qualità della vita delle persone con una diagnosi di cancro avanzato. 

Qualità dell’ambiente e delle interazioni 

«I possibili interventi a nostra disposizione per dare sollievo ai pazienti con tumore metastatico e migliorare la qualità della loro vita non sono semplici – spiega il dott. Emilio Bombardieri, Direttore Scientifico di Humanitas Gavazzeni e Humanitas Castelli. A fianco delle terapie specifiche prescritte dalle linee guida, un primo approccio prevede di intervenire sull’ambiente in cui il malato viene trattato. Studiare con cura le luci, i colori della stanza, i suoni e l’arredamento, introducendo non solo eventuali elementi di attenzione e distrazione ma anche opportunità di interazione e socializzazione, può essere di grande aiuto. Soprattutto nel momento in cui si riesce a coinvolgere il malato in un processo di astrazione rispetto alla realtà che sta vivendo. È dimostrato che questi fattori possono portare il paziente a stabilire un rapporto con l’ambiente ospedaliero più conciliante, e di conseguenza migliorano l’umore e la predisposizione verso la terapia». 

Il potere dell’arte e della bellezza 

Per le persone malate, soprattutto quando la patologia è seria e la prognosi non è favorevole, l’accesso in ospedale e la permanenza nel luogo di cura sono strettamente legati alla malattia. Molti pazienti vivono il momento del trattamento come un “confinamento obbligatorio” e inconsciamente associano l’ospedale a un sentimento di condanna e di paura. Stiamo parlando di stanze per il trattamento con caratteristiche tradizionali: ambienti anonimi, colori delle pareti che non impattano positivamente sull’umore, luci forti e poco gradevoli, rumore. Tanti pazienti provano il desiderio di fuggire. 

È stato dimostrato che intervenire sull’ambiente e introdurre in ospedale opere d’arte e/o attività artistiche rende più accettabile la terapia, cambiando la percezione stessa del luogo di cura. L’ospedale diventa così il posto dove essere curati al meglio piuttosto che una sorta di prigione. 

Usare la narrazione per ristrutturare il pensiero 

Diversi studi hanno portato alla luce il fatto che chiedere al malato di raccontare la propria esperienza può essere di grande aiuto. Esplicitare con le parole emozioni forti e vissuti traumatici, anche ripercorrendo lo stesso racconto più volte, procura una sorta di ristrutturazione del pensiero, attenuando l’impatto emotivo. Il racconto aiuta a prendere le distanze dalle angosce causate dalla malattia e permette di rielaborare in chiave più positiva ciò che accade. 

Il racconto può essere messo per iscritto su un diario, e la narrazione può essere limitata all’esperienza personale vissuta dal malato rispetto al percorso terapeutico, oppure può includere anche commenti ed elementi che riguardano l’interazione con l’ambiente ospedaliero. 

Il progetto di Humanitas Gavazzeni 

Il progetto di Ricerca condotto presso l’Unità di Oncologia di Humanitas Gavazzeni ha previsto l’uso dei due approcci integrati tra loro, quello dell’esposizione all’arte e quello del percorso di narrazione. La ricerca ha coinvolto più gruppi di donne in trattamento per un tumore al seno metastatico. Le partecipanti sono state invitate a integrare le cure attraverso un programma basato sull’arte, che consiste nell’osservazione di alcuni dipinti (riprodotti e plastificati) e in un successivo percorso di narrazione. 

Prima di iniziare il progetto due ricercatori di ISTUD e un arteterapeuta del Museo di Belle Arti di Montreal hanno formato gli operatori sanitari dell’Unità di Oncologia sulla medicina narrativa, sul ruolo delle arti per la salute e sul modo di coinvolgere e sostenere le partecipanti nell’attività, esperienza narrativa compresa. 

Il programma ha previsto tre incontri di attività artistica e narrazione, in contemporanea con la chemioterapia, ogni tre settimane (come da piano di trattamento). Le donne hanno scelto tra quattro dipinti da osservare e al termine dell’osservazione sono state invitate a mettere su carta un racconto. Per ogni dipinto è stata progettata una specifica trama, una breve sequenza di stimoli per guidare la narrazione, che ha spinto le partecipanti a muoversi attraverso due fasi di scrittura. Un primo momento di tipo riflessivo, per esprimere pensieri ed emozioni legati all’immagine e un secondo momento creativo, durante il quale le donne hanno immaginato di entrare nel dipinto o di interagire con i personaggi ritratti. 

I risultati ottenuti 

Il 93% delle donne invitate a partecipare al progetto ha scelto di accettare. L’efficacia dell’esposizione all’arte e alla narrazione del vissuto è stata valutata somministrando un test alle pazienti stesse prima e dopo il percorso. Il 68% delle donne ha dichiarato di voler continuare il programma. Natura, ricordi, tempo e generazioni sono stati gli elementi più comuni delle riflessioni nate durante il momento di narrazione. Al termine dell’attività le tre emozioni principali riferite dalle donne sono state fiducia, serenità e aspettative, mentre l’effetto ottenuto più di frequente è stato quello della distrazione. 

L’attività di esposizione all’arte e di narrazione ha rappresentato, nel 75% dei casi, un efficace elemento di coping, cioè un meccanismo di adattamento e di risposta alle condizioni di stress. Questa Ricerca-pilota ha dimostrato che l’integrazione tra arte e narrazione potrebbe rappresentare una best practice di benessere da applicare in caso di cancro avanzato. 

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